di Stefania Piazzo – Andare a vivere politicamente in via delle Botteghe Oscure, cosa che fa la Lega, non vuol dire diventare Berlinguer. Eppure Matteo Salvini crede funzioni così, e che questo gli attibuisca per via ereditaria toponomastica l’accesso all’eredità politica del partito popolare e popolano che fu di Enrico Berlinguer.
Berlinguer non avrebbe mai aperto una crisi di governo al Papeete, Salvini questo lo sa? Non avrebbe mai stretto la mano a un dittatore coreano, non avrebbe mai recitato le litanie dei santi in piazza Duomo a Milano e invocato la protezione del cuore immacolato di Maria. Ma non per una questione di fede. Ma perché la fede è una cosa seria e non è una trombetta da comizio.
Berlinguer non avrebbe mai detto no all’euro, perché aveva strappato dall’Unione sovietica e dal Pci a trazione comunista ortodossa. Aveva un’idea di Europa non sovranista. Ed era in quel partito che fu del comunista Guido Fanti in Emilia Romagna, che parlava di Padania, a differenza di Salvini, che l’ha messa in soffitta con i ricordi del nonno. Ammesso non abbia svuotato anche la soffitta.
Berlinguer non avrebbe mai fatto una alleanza con la destra. E non era poi così esaltato davanti al tricolore. La sinistra il concetto di Patria lo ha sdoganato qualche anno dopo. Idem la bandiera e l’inno.
Ora aspettiamo Matteo Salvini intonare Bella Ciao ai prossimi comizi. L’ eredità si manda giù tutta.