Irrompe in Piemonte la peste suina africana. Attivata la procedura di emergenza sanitaria

7 Gennaio 2022
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Un caso di peste suina africana in Piemonte. E’ stato riscontrato nelle analisi della una carcassa di un cinghiale trovata ad Ovada, in provincia di Alessandria. Gli esami sono stati effettuati dall’Istituto Zooprofilattico dell’Umbria e delle Marche, centro di referenza nazionale per le malattie da postivirus. La documentazione – si apprende in Piemonte – e’ stata trasmessa al Ministero della Salute che la notifichera’ all’Oie, l’organizzazione mondiale della sanita’ animale, e alla Commissione Europea. Il caso di peste suina puo’ avere conseguenze sul commercio delle carni suine italiane, con la possibilita’ che i Paesi che non riconoscono il principio di regionalizzazione possano imporre il divieto di importazione di tutti i prodotti suini dell’intero Paese in cui la Psa si e’ manifestata. L’allarme sul rischio della peste suina era stato lanciato nei giorni scorsi da Confagricoltura Piemonte che aveva parlato di “un forte rischio” di diffusione legato “all’eccessiva proliferazione” dei cinghiali. Dobbiamo evitare – aveva sottolineato il presidente Enrico Allasia – sarebbe un danno enorme per i nostri allevamenti e per la sicurezza alimentare”. 

 Sono in corso le riunioni con i Servizi veterinari territorialmente competenti, le Autorità di gestione forestale e con i Settori ambientali e faunistico venatori. Come previsto dal Piano nazionale per le emergenze di tipo epidemico, è stato avviato l’insediamento delle Unità di crisi a livello locale, regionale e nazionale per l’adempimento delle azioni previste dal manuale operativo e dalle norme specifiche in materia. Nelle prossime ore verranno definite la “zona infetta” e la “zona di sorveglianza”, con le relative prescrizioni. Stiamo agendo con la massima tempestività, l’immediata e coordinata attuazione delle misure di controllo nei suidi selvatici risulta fondamentale nel tentativo di confinare ed eradicare il più possibile la malattia». Così l’assessore regionale alla Sanità del Piemonte, Luigi Genesio Icardi, dopo che il Centro di referenza nazionale per le pesti suine (Cerep) dell’Istituto zooprofilattico sperimentale di Umbria e Marche ha confermato il sospetto di infezione.

 “Siamo fortemente preoccupati: gli interventi immediati ed urgenti, cosi’ come i controlli a tappeto sui cinghiali abbattuti, che da tempo chiediamo, devono ora sicuramente essere fatti e non bastano, di fronte ad uno spettro cosi’ grave e rischioso, solo i controlli eseguiti a campione, alla ricerca esclusivamente della Trichinella. Bisogna anche mettere mano definitivamente alla forma di tracciamento della filiera e della commercializzazione dei cinghiali abbattuti”. Lo affermano Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti Piemonte, e di Bruno Rivarossa, delegato confederale, commentando il caso di Peste suona africana in un cinghiale morto a Ovada (Aessandria).

“L’altra forte preoccupazione – proseguono – e’ per il danno d’immagine che questa situazione puo’ creare diventando anche uno strumento di speculazione economica nei confronti del nostro territorio, rischiando di colpire ingiustamente i nostri allevatori che, invece, conducono i loro allevamenti con standard di bio sicurezza molto elevati”. La Coldiretti regionale chiede, pertanto, “da subito di attuare tutte le misure necessarie per monitorare la situazione e contenerla il piu’ possibile. Inoltre, per difendere i nostri imprenditori, gia’ fortemente colpiti dalla crisi legata alla pandemia, se dovessero generarsi strumentalizzazioni e speculazioni, non esiteremo a fare causa, a richiedere il risarcimento danni ed a costituirci parte civile nei confronti di chi non ha saputo gestire correttamente la problematica del proliferare dei cinghiali e di chi ha avuto la responsabilita’ di farla degenerare. Non possiamo, pero’, non riconoscere – concludono Moncalvo e Rivarossa – l’importanza dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte Liguria e Valle d’Aosta che, gia’ da mesi, si e’ reso disponibile ad un tavolo di lavoro, nel quale riponiamo ampia fiducia, proprio sull’emergenza sanitaria causata dalla fauna selvatica”. 

 Dopo il caso riscontrato nell’alessandrino, si torna a parlare di peste suina africana, malattia – che ricordiamo non essere trasmissibile all’uomo – potenzialmente molto pericolosa sia per i suini domestici che per quelli selvatici – “osservata speciale” in Europa e nel nostro Paese da qualche anno. “Sin da quando l’Europa ha richiamato l’attenzione degli Stati membri su questa malattia la Federcaccia si e’ messa a disposizione delle Istituzioni per provvedere al monitoraggio dello stato di salute dei selvatici grazie a una presenza diffusa dei cacciatori”, ha dichiarato alla notizia il presidente nazionale Massimo Buconi. “Mentre si attendono indicazioni piu’ precise da parte dell’Istituto di zooprofilassi che si sta occupando del caso piemontese, ricordo che la pronta segnalazione di eventuali capi malati o del rinvenimento di spoglie e’ essenziale per arginare il diffondersi della Psa e i cacciatori hanno dato e stanno dando un contributo insostituibile nel controllo di boschi e campagne, oltre che nel contenimento della specie cinghiale”. 

“E’ scontato – ha spiegato – che tutta la nostra struttura sia centrale che sul territorio e’ pronta nel caso fosse richiesto dalle circostanze ad innalzare ulteriormente il livello del suo impegno” ha concluso Buconi. Oltre alle iniziative di sorveglianza sanitaria, la Federazione in stretta collaborazione col ministero della Salute ha provveduto in passato alla diffusione capillare del materiale informativo sulla peste suina messo a punto dal Ministero stesso presso le proprie sezioni, nei luoghi di ritrovo abituali, circoli e armerie, oltre a informare costantemente della situazione attraverso i propri canali social e media.

Foto di Ed van duijn

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