di Roberto Gremmo – Sia chiaro: da vecchio autonomista rispettoso delle scelte locali, non mi scandalizzo che dei Comuni decidano di dedicare delle strade a dei personaggi che piacciono a loro. Ho solo segnalato la per me sbagliata decisione di Roccabruna di dedicarne una al linguista Louis Alibert perché si sappia bene quali sono i reali contenuti culturali e ideali del neo-occitanismo che, a quanto pare, non va troppo per il sottile nel valorizzare figure per varie ragioni discusse e controverse pur di marcare il territorio e vomitare fiele contro l’odiatissimo Piemonte colonizzatore.
Perciò non mi stupisco che a Salbetrand una strada sia stata intitolata al francese Francois Fontan fondatore a suo tempo di un effimero “Partito Nazionalista Occitano” ed autore del saggio “Etnisme” che negava la dignità linguistica ai piemontesi e divideva in due il popolo corso, toglieva mezzo Euskadi ai baschi e considerava di lingua francese le nostre vallate Franco-provenziali.
Nel clima di totale confusione incrementato dalla facilona ed antiscientifica legge sulle cosiddette minoranze linguistiche su vede anche du peggio.
Quello che trovo indecoroso e’ che nelle valli del cuneese nessuno si preoccupi di onorare come merita il mio compianto amico e compagno di lotte autonomiste professor Antonio Bodrero, Barba Toni Baudrier, il più grande poeta e scrittore di lingua provenzale alpina e magistrale autore in lingua piemontese.
Solo il Comune di Cuneo dive fu consigliere comunale lo ha ricordato con una strada, ben visibile all’uscita autostradale. Più su, si preferiscono altri personaggi di fuori. Certamente, non sapendo chi erano davvero, più biasimabili di un uomo libero, incasellabile anticonformista conservatore ed incrollabile anticomunista o come si vantava “antimarsista”.
Ma agli occhi dei nuovi Alfieri dell’occitanaggine, il peccato mortale di Barba Toni e’ stato quello d’aver amato allo stesso modo la cultura dei vinti delle montagne e quella dei dimenticati delle campagne, due aspetti inseparabili di quel “Pia-munt” che voleva libero, unito e rispettoso di tutte le sue numerose lingue e culture. Ne’ italiano ma neanche tartarinesca appendice del “Midi”.
Certamente fu tra i fondatori del Mao ma poi nel lontano 1978 si onoro’ di scrivere con me il libro di denuncia “L’oppressione culturale italiana in Piemonte”, collaboro’ nei suoi anni migliori alla mia “Arnassita Piemonteisa”, presento’ una lista piemontesista a Frassino ma non smise mai di scrivere opere in uno splendido occitano. Meriterebbe di più. Almeno nelle sue valli.
Immagine dal sito istituzionale del consiglio regionale del Piemonte