Vaccino ai più piccoli, anche se non a rischio: per proteggere gli anziani

8 Novembre 2021
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di Luigi Basso – Il Governo ed i suoi consulenti, nominati dall’Esecutivo stesso, hanno annunciato un grande piano di vaccinazione contro il Covid, rivolto ai bambini tra 5 e 11 anni.
In quella fascia di età il Covid ha ucciso o invalidato, di fatto, solo bambini già affetti da altre gravi patologie, malati di cancro, per dire.
Applicando un po’ di logica elementare, da terza elementare, il Governo dovrebbe puntare sul vaccino Covid alla sola fascia di bambini fragili, per ridurre il rischio di reazioni avverse sui bimbi sani, un rischio certo infinitesimale, ma che comunque sembra inutile correre, visti i dati inoppugnabili dell’ISS (https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-decessi-italia).
Tuttavia questa alternativa non sarà seguita, certamente.
Sembra chiaro che la vaccinazione dei bambini serva in realtà a proteggere non i bambini stessi, ma soprattutto le categorie più esposte, gli anziani. Quelli che, va detto, hanno pagato un prezzo altissimo, specialmente in disinvolte e impunite gestioni sanitarie improntate all’improvvisazione. Morale: è sparita una generazione in pochi mesi. Il dovere di mettere in sicurezza i più fragili non si discute. Ma anche i più piccoli sono fragili. A questo punto i più maliziosi potrebbero tirare in ballo uno studio che fece molto discutere la comunità scientifica.

Sessanta anni fa John Calhoun, nell’ambito dell’ esperimento Universo 25, mostrò cosa accade ai topi, una delle specie animali più affini socialmente all’uomo, quando vivono in società comoda ed opulenta, che ha risolto i problemi fisiologici essenziali: fame, sete, freddo, caldo, riparo sicuro, assenza di predatori, cure mediche.
Ebbene, la popolazione dei topi di Calhoun, dopo una prima fase di boom e crescita nel benessere, iniziò a far registrare anomalie comportamentali sempre maggiori.


A causa dell’aumento della popolazione, si crede, i topi cominciarono a rivolgersi con aggressività contro l’idea stessa di prole: interruzioni di gravidanza spontanee, cannibalismo e sevizie ai più piccoli, rifiuto di procreare, pansessualismo, apatia, abbandono dei piccoli, diminuzione demografica, in pratica: il collasso della società che, infatti, si estinse rapidamente.
L’esperimento fu uno choc per la comunità scientifica e la lungimiranza di quella ricerca scientifica è ancora oggi sotto gli occhi di tutti.
Gli studiosi spiegarono l’accaduto pensando che la crescita della popolazione non era stata bilanciata dalla creazione di nuovi ruoli sociali e di conseguenza la competizione sociale era divenuta frustrante: l’ascensore sociale si era rotto, in pratica. Uno scenario surreale.


I vecchi topi si impadronivano delle risorse, abbandonando al loro destino i topi giovani, loro competitori sociali.

Ecco, noi siamo invece certi che la scienza abbia in questo caso ben calcolato il costo rischi-benefici per non mettere in competizione due diverse generazioni. Non si fanno le guerre tra poveri, già ci stanno mettendo a dura prova le pensioni, grazie alle scelte scellerate di decenni fa. Vogliamo nonni e nipoti come risorse reciproche, non come “rivali” per la sopravvivenza.

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