Il 7,5% della popolazione è fortemente decisa a non sottoporsi a vaccinazione contro il Covid-19. Un numero consistente che, se fosse confermato, potrebbe determinare dei problemi rispetto all’obiettivo di vaccinare l’intera popolazione. Di contro, il 73,3% degli italiani è decisamente a favore del vaccino, senza se e senza ma. Se aggiungiamo a questa quota coloro che vorrebbero poter scegliere il siero da farsi somministrare si va a un totale di 80,9%. È una quota elevata, ma non è elevatissima. Il nodo è rappresentato principalmente dal 9,9% dei perplessi. E’ quanto emerge alla ricerca della Fondazione Italia in Salute, realizzata da Sociometrica, per rilevare su scala nazionale la propensione degli italiani verso la vaccinazione contro il Covid-19.
Ma chi sono questi italiani che rifiutano nettamente la vaccinazione? Prevalgono leggermente le donne rispetto agli uomini (8,6% contro il 6%); hanno tra i 46 e i 55 anni (13,5% contro la media del 7,5%) e sono residenti del nord est rispetto al resto del Paese (12,2%). Se a questi sommiamo coloro che nutrono perplessità sul vaccinarsi, si ottiene che quasi una persona su quattro nelle classi di età 26-35 anni e 46-55 anni si mostra scettico sulla vaccinazione, dove il dubbio prevale nella classe più giovane e il rifiuto in quella maggiore. Sul resto della popolazione, e in particolare fra i giovanissimi e le persone più adulte, la percentuale dell’atteggiamento anti-Covid è al minimo.
Dalla ricerca emerge anche che, dal punto di vista dell’istruzione, chi non intende vaccinarsi ha di solito un livello basso di istruzione, come la scuola media inferiore e un diploma delle scuole professionali (dove superano il 12%), mentre tra diplomati e laureati sono fermi intorno al 7%.
Considerando invece lo stato di salute delle persone, è emerso che fra chi ha dichiarato di stare male – non essere in buone condizioni di salute, includendo qualunque tipo di patologia – nessuno ha risposto “non intendo fare il vaccino”.
“I dubbi ed il rifiuto prevalgono nelle persone in buona salute per le quali è evidentemente più complicato digerire il concetto di prevenzione, a dimostrazione di quanto sia fondamentale avere anche un buona comunicazione per far comprendere a pieno il concetto di salute collettiva – commenta il presidente della Fondazione Italia in Salute, Federico Gelli -. I risultati dell’indagine dipingono un quadro in chiaroscuro: se è vero che la larga parte degli italiani è decisa e propensa alla vaccinazione per superare questo terribile periodo di emergenza, dobbiamo fare i conti un una quota notevole di persone che restano ancora scettiche, se non del tutto contrarie. Convincerle sarà dunque fondamentale per la buona riuscita della campagna vaccinale ed il raggiungimento dell’immunità di comunità”.
Quanto alla fiducia verso i vaccini, solo il 17,5% degli italiani è “totalmente fiducioso”, il 45,3% si dice invece “abbastanza fiducioso”: in totale 62,8% di persone sono propense, con varia intensità, rispetto ai vaccini. La quota di popolazione che si è dichiarata senza dubbio del tutto pronta a vaccinarsi è del 73,3%. Abbiamo perciò circa 10 punti percentuali di differenza – circa 10 milioni di persone – che pur avendo dubbi sull’affidabilità dei vaccini, sono comunque disposte a vaccinarsi.
Venendo ai tipi di vaccini, quello che gode della maggiore fiducia è Pfizer-BioNTech, per il quale esprime molta fiducia il 35,6% e abbastanza fiducia il 45,8%. Di contro, per AstraZeneca addirittura il 43,3% degli italiani esprime un sentimento “poca fiducia”. “Una corretta comunicazione sui benefici e rischi dei singoli vaccini, sia da parte delle Istituzioni che degli operatori sanitari è fondamentale per registrare un’ampia adesione dei cittadini alla campagna”, conclude Gelli.