Se la lotta di classe riparte da Reggio Emilia. Per “colpa” della mortadella

17 Settembre 2022
Lettura 2 min

di Luigi Basso – Dalla caduta del muro di Berlino ad oggi, chi detiene il potere economico (quelli che sono, e che una volta erano chiamati padroni) in Occidente ha iniziato lo smantellamento dei diritti sociali di cui godevano i cittadini.
In Italia la conquista dei diritti sociali da parte dei lavoratori e dei più deboli è stata lunga e faticosa e possiamo farla iniziare, in Italia, con la Legge Berti del 1886 che vietava di far lavorare i bambini sotto i dodici anni e, di giorno, quelli sotto i nove.


Una grandissima conquista per l’epoca: e questo la dice lunga su come stavano messi e da dove è partita la lotta per i diritti.


Ancora Gramsci nel 1925 scriveva che era usanza nelle campagne italiane che i padroni mettessero la museruola ai braccianti per non fargli mangiare l’uva da vendemmiare e che dopo il lavoro nei campi li chiudessero a chiave nelle stalle come bestie per non fargli frequentare le scuole serali.


Nacque all’inizio del 900 la prima Confederazione Generale del Lavoro, le prime leggi sugli infortuni sul lavoro e sulle cure dei lavoratori malati che, fino ad allora, erano cacciati dal posto di lavoro, e così via.


Dopo la Seconda Guerra Mondiale il processo di conquista dei diritti dei lavoratori si fece tumultuoso, per due motivi: da un lato l’ascesa dei Partiti Comunisti che facevano paura e, dall’altro, il boom industriale post bellico che esigeva l’arruolamento di masse sempre più grandi, arrivando persino a spostare intere popolazioni da una parte all’altra del Continente.


Questi due fattori imposero a chi deteneva il potere economico di essere indulgente verso i lavoratori.


Si arrivò così alla scala mobile per garantire il potere d’acquisto dei salari e allo Statuto dei Lavoratori del 1970, insomma, si ebbe una indubbia avanzata fatta di tante tappe che sarebbe impossibile ripercorrere qui, che ha, non a caso, coinciso con una fase storica di grande benessere e progresso.


Dopo la caduta del Muro di Berlino è iniziato il fenomeno opposto: il pericolo rappresentato dai partiti comunisti è scomparso e, oggi, con la robotizzazione dei processi di produzione non servono più grandi masse di lavoratori: anzi, questi consumano troppo.


Ecco che allora non è più necessario fare concessioni ai lavoratori.


Così i salari hanno perso la scala mobile con la conseguenza che oggi non sono più appetibili lavori da 1.200 euro al mese perché i costi di viaggio, trasporto e alloggio finiscono con l’erodere tutto lo stipendio.


Ecco che allora il lavoro, dopo le varie riforme (Treu, Biagi, Jobs Act, per citare i più noti), diventa strutturalmente precario, fino al punto che l’Istat considera come occupato chi lavori un’ora alla settimana (un’ora alla settimana, si).
In queste ore su tutti i giornali rimbalza una notizia che sarebbe orribile, se confermata.
Due lavoratori di Reggio Emilia avrebbero ricevuto un avvio di procedimento disciplinare perché sarebbero stati ripresi dalle telecamere mentre prendevano due fette di mortadella, scarto di lavorazione, perché avevano fame.
Uno scarto di lavorazione, sic.


Arriveremo al punto di rimettere la museruola ai lavoratori perché non mangino di nascosto il cibo del padrone?
Purtroppo, in Italia, questi fenomeni sono ormai dilaganti: basti citare il caso dei sikh nel Lazio che vengono dopati dai medici per lavorare più ore.


I diritti sociali sono smantellati a poco a poco.
In cambio si vuole far credere che concedendo più diritti individuali (eutanasia, droga libera, etc) nessuno si accorga dello smantellamento in atto.
Ma il trucco non può durare ancora a lungo.

Foto di Stefano Segato

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