di Roberto Gremmo – Dunque, ricapitoliamo: da alcuni giorni, non avendo niente da dire come programma politico, il nostro valoroso Capitano ci inonda di chiacchiere su immaginifici progetti unificazionali.
Non c’è ormai contenitore televisivo dove il telegenico imperversatore di “prima gli italiani” non ci propini una qualche profferta di federazione con quel che resta dei berlusconiani, con l’amato dalle masse Lupi, i sardisti, Spirli e spirlo’ e, magari, capitan Cocorico’. Una pena. Ma il guaio è che il progetto di pappa e ciccia con Tajani e soci rappresenta un pericolo per la fragile nomenclatura legajola, se davvero, come si mormora, per portare a casa l’inciucio politico coi forzisti il Capitano dovrà sacrificare qualcuno dei suoi. Una prospettiva da incubo per i miracolati che hanno avuto un dorato scranno urlando alla partenza “Padania libera” e finendo ad inneggiare come tanti nazionalisti “prima gli italiani”.
Poiché difficilmente saranno sacrificati i fedelissimi meneghini ed insubri, né saranno toccati i privilegiati meridionali o i romagnoli con allegata spiaggiona vacanza, già si diffonde il panico fra i senza spina dorsale piemontesi, i deboli liguri ed i fin troppo premiati trentini e friulani. Non mi stupisce leggere sul “Fatto Quotidiano” di sabato che l’unico ad aver “espresso perplessità mettendoci la faccia” sul lingua lingua con donazione di poltrone sia stato l’avvocato Molinari, segretario “nazionale subalpino” o piemontese, ma solo per modo di dire.
Molinari dice che le piroette unificatrici non le ha proprio capite. Neanche il Capitano riesce a spiegare perché deve creare tensione fra i suoi. Ma è più forte di lui. Pur di apparire sul piccolo schermo e trovarsi un microfono sotto i denti, il glorioso comandante è pronto a gettare nel panico i fedelissimi. Che nel migliore dei casi mugugnano, ma poi inghiottono tutto. Dopo prima gli italiani, anche il leghista Tajani.