Saturi di notizie su virus e guerra. Non ne possiamo più

28 Marzo 2022
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Rifiutarsi di leggere notizie sui quotidiani o cambiare canale durante i telegiornali, un atteggiamento sempre piu’ frequente di fronte a notizie di guerra o di salute che implica evitamento dell’attivita’ di informazione, studiato gia’ da tempo dai ricercatori. Alla base di questo ‘rifiuto delle notizie’ ci sarebbero complessi fattori di tipo cognitivo ed emotivo e a studiarne le caratteristiche e’ un team multidisciplinare composto dall’Universita’ di Jyvaskyla in Finlandia, insieme all’Universita’ ebraica di Gerusalemme in Israele e alla Northwestern University negli Stati Uniti. I risultati sono descritti in un approfondito articolo di ricerca dal titolo “Taking a Break from News” sulla rivista Digital Journalism. Una scoperta importante, secondo i ricercatori, e’ che il fenomeno di elusione delle notizie non e’ attribuibile solo a ragioni personali, ma si verifica anche come parte di contesti temporali e socioculturali.

L’articolo distingue due tipi di fattori che influenzano l’evitamento delle notizie: cognitivo ed emotivo. Nei fattori cognitivi, vengono evidenziati i punti specifici del paese e contestuali, mentre i fattori emotivi dell’evitamento delle notizie sono condivisi dal pubblico in diversi paesi. Lo studio sul perche’ si evitano le notizie si basa su interviste a quasi 500 consumatori di media in Finlandia, Argentina, Israele, Giappone e Stati Uniti.

Secondo lo studio, un esempio di evitamento cognitivo delle notizie riguarda un periodo particolare e gli sviluppi associati alla presidenza di Donald Trump. Negli Stati Uniti, in particolare, ma anche in Finlandia, la presenza continua di Trump nelle notizie ha fatto si’ che le persone evitassero le notizie, perche’ erano stufe di sentirne parlare. In Israele, poi, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha suscitato reazioni simili. Quando le persone si dicevano “stanche” delle notizie su Trump, sembrava essere un mix di esaurimento emotivo e cognitivo, sostengono i ricercatori. Gli intervistati hanno affermato che la notizia era “troppo”, riferendosi all’eccesso di effetto negativo che la notizia stava producendo, sentendosi come se fosse piu’ di quanto potessero gestire – intollerabile, addirittura. L’articolo offre un quadro completo e articolato delle ragioni e delle pratiche dell’elusione delle notizie in diversi contesti culturali.

Un punto essenziale nell’evitamento cognitivo delle notizie, secondo gli esperti, e’ che l’interruzione dalle notizie non e’ necessariamente permanente perche’ e’ fortemente legata a una particolare persona, periodo di tempo o corso degli eventi. Per quanto riguarda i fenomeni attuali, si puo’ presumere che la pandemia di Covid-19 e la guerra in Ucraina stanchino le persone delle notizie e quindi causino l’elusione cognitiva delle notizie. L’evitamento emotivo delle notizie, a sua volta, e’ correlato alle proprieta’ permanenti delle notizie, principalmente al loro carattere negativo. Le notizie tendono a trattare cose spiacevoli e sfortunate, come gravi incidenti, guerre, attacchi terroristici e catastrofi naturali. Invece della semplice stanchezza delle notizie, l’evitamento emotivo delle notizie esprime emozioni e sentimenti diversi come paura, tristezza e disgusto. Pertanto, l’evitare le notizie emotive ha spesso a che fare con l’autoprotezione, il desiderio di evitare una forte tensione emotiva. Nello studio, l’evitamento delle notizie emotive e’ stato evidenziato soprattutto tra i giovani adulti di eta’ compresa tra 18 e 34 anni.

Per quanto riguarda la guerra in Ucraina, l’elusione delle notizie e’ probabilmente sia cognitiva che emotiva. “In questo articolo abbiamo mirato a far progredire la comprensione dei diversi contesti, sfaccettature e motivazioni per aggirare i contenuti delle notizie adottando una prospettiva transnazionale”, commentano gli autori. “Siamo andati oltre la comune attenzione accademica sulle motivazioni individuali per evitare le notizie e abbiamo dimostrato che alcuni aspetti dell’evitamento delle notizie, vale a dire un insieme di driver cognitivi, rappresentano fattori contestuali distinti a livello nazionale, culture del consumo di notizie e sono piu’ situazionali mentre alcuni fattori emotivi per evitare le notizie sono condivisi in diversi contesti nazionali”, spiegano. I dati transnazionali rivelano molteplici approcci all’elusione delle notizie, ad esempio, che rimanere informati puo’ essere percepito come un obbligo nazionale e quindi l’elusione delle notizie e’ criticata per esempio in Israele e in Finlandia; che saltare le notizie puo’ essere inteso come evitare notizie politiche sconcertanti e persino angoscianti e accade in Argentina, Israele, Stati Uniti; che l’evitamento delle notizie puo’ essere correlato all’evitare opinioni soggettive e questioni sensazionali come in Giappone. Singolari i risultati del Giappone che emergono dallo studio. Esprimendo un approccio meno riflessivo e attento, in Giappone l’evitamento delle notizie non sembra essere qualcosa che e’ comunemente riconosciuto ed esplicitamente nella mente delle persone. Nelle interviste i giapponesi fornirebbero solo una serie di ragioni banali per cui non consumano notizie. Cio’ puo’ essere collegato al basso livello di interesse politico generale della nazione o ha a che fare con gli atteggiamenti generali delle persone di evitare conflitti e confronti. Di conseguenza, questo potrebbe spiegare perche’, utilizzando una prospettiva occidentale sull’elusione delle notizie, gli studi quantitativi mostrano il Giappone come il paese che ha riportato la percentuale piu’ bassa di evitatori di notizie. “In effetti, – commentano gli autori – con i nostri dati transnazionali abbiamo scoperto che una parte sostanziale del discorso sull’elusione delle notizie riflette una cultura politica che sostiene una prospettiva occidentale liberale o una percezione sviluppata da particolari contesti politici polemici. Cio’ sottolinea la nostra affermazione che il concetto di evitamento delle notizie non e’ stato sufficientemente studiato qualitativamente da una prospettiva globale e finora e’ stato compreso in un contesto culturale limitato” concludono gli autori.

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