Ratzinger sul ’68, gli anni 80-90 e la “deriva morale” nella Chiesa. Ci sono valori non sacrificabili per valori “maggiori”

5 Gennaio 2023
Lettura 3 min

di Sergio Bianchini – Ratzinger ha evidenziato lo scontro durissimo in atto dentro la chiesa cattolica e le sue gerarchie difronte all’evoluzione del mondo.

La differenza tra le sue posizioni e quelle dei riformatori cattolici è che loro sostengono la necessità di modifiche anche all’approccio teologico per evitare il distacco dalla modernità. Ratzinger invece dichiara che proprio la perdita della fede in Dio è all’origine dei disastri nati nella modernità.

Solo che la sua proposta di ritrovare la fede in Dio è molto generica e vaga, perché anche il termine Dio è insignificante per i nostri tempi. E’ vero che si riferisce al Dio cristiano che si è fatto uomo per amore dell’umanità.

E quindi il circuito ritorna all’amore per l’umanità e quindi al terreno dei teologi suoi avversari che danno il gradimento umano come vera base della teologia.

Ma quale è l’umanità che Dio ama? E che quindi anche noi dovremmo approcciare insieme a lui con la fede per vincere il male del mondo?

Forse se pensiamo con partecipazione e passione vera all’umanità come l’insieme di tutti gli uomini del mondo di ieri di oggi e di domani possiamo avvicinarci al cerchio definito da Ratzinger come amore di Dio per l’uomo e viceversa. Come metodo per posizionare le nostre azioni ed i nostri pensieri.

Riporto di seguito alcune frasi di Ratzinger prese dal suo scritto del 2019, quando già dimesso rese pubblici gli appunti che tanto scalpore generarono.

Il lungo e continuo processo di dissoluzione del concetto cristiano di morale è stato, come ho cercato di dimostrare, segnato da un radicalismo senza precedenti negli anni Sessanta.

“In molte parti della Chiesa, per atteggiamenti conciliari si intendeva un atteggiamento critico o negativo nei confronti della tradizione fino ad allora esistente, che ora doveva essere sostituita da un nuovo rapporto radicalmente aperto con il mondo. Un vescovo, che in precedenza era stato rettore del seminario, aveva fatto in modo che ai seminaristi fossero proiettati film pornografici, presumibilmente con l’intenzione di renderli così resistenti a comportamenti contrari alla fede.

Forse vale la pena ricordare che in non pochi seminari, gli studenti sorpresi a leggere i miei libri erano considerati inadatti al sacerdozio. I miei libri erano nascosti, come cattiva letteratura, e si leggevano solo sotto banco.

Tra le libertà per le quali la Rivoluzione del 1968 cercò di lottare c’era questa libertà sessuale totale, che non ammetteva più alcuna norma.

Il collasso mentale era anche legato ad una propensione alla violenza.

La teologia morale cattolica ha subito un crollo che ha reso la Chiesa indifesa contro questi cambiamenti nella società

Alla fine, fu soprattutto l’ipotesi che la moralità dovesse essere determinata esclusivamente dalle finalità dell’azione umana che prevalse

Non c’era più il bene (assoluto), ma solo quello relativamente migliore, dipendente dal momento e dalle circostanze.

La crisi della giustificazione e della presentazione della morale cattolica ha raggiunto proporzioni drammatiche alla fine degli anni ’80 e ’90.

Papa Giovanni Paolo II, che conosceva molto bene la situazione della teologia morale e la seguiva da vicino, commissionò il lavoro di un’enciclica che avrebbe rimesso le cose a posto. Fu pubblicata con il titolo Veritatis Splendor il 6 agosto 1993, e scatenò forti contraccolpi da parte dei teologi morali. Prima di essa, il “Catechismo della Chiesa cattolica” aveva già presentato in modo convincente, in modo sistematico, la morale proclamata dalla Chiesa.

Non dimenticherò mai come l’allora leader teologo morale tedesco Franz Böckle, il quale, tornato nella sua Svizzera natale dopo il suo ritiro, annunciò, in vista delle possibili decisioni dell’enciclica Veritatis Splendor, che se l’enciclica avesse stabilito che c’erano azioni che erano sempre e in ogni circostanza da classificare come male, le avrebbe contestate con tutte le risorse a sua disposizione.

Ci sono valori che non devono mai essere sacrificati per un valore maggiore e addirittura andare oltre la conservazione della vita fisica. C’è il martirio. Dio è (molto) più di una semplice sopravvivenza fisica. Una vita che fosse acquistata sulla base della negazione di Dio, una vita che si basa su una menzogna finale, è una non vita.

La dottrina morale della Sacra Scrittura ha la sua unicità che si basa in definitiva sulla sua adesione all’immagine di Dio, nella fede nell’unico Dio che si è mostrato in Gesù Cristo e che ha vissuto come essere umano. Il decalogo è un’applicazione della fede biblica in Dio alla vita umana. L’immagine di Dio e la morale sono un tutt’uno e portano così al particolare cambiamento dell’atteggiamento cristiano verso il mondo e la vita umana. Inoltre, il cristianesimo è stato descritto fin dall’inizio con la parola hodós [in greco “strada”, nel Nuovo Testamento spesso usata nel senso di un cammino nel progresso].

Se volessimo davvero riassumere molto brevemente il contenuto della Fede così come è stato stabilito nella Bibbia, potremmo farlo dicendo che il Signore ha iniziato con noi un racconto d’amore e vuole ricondurre ad esso tutta la creazione. L’antidoto che si contrappone al male, che minaccia noi e il mondo intero, non può che consistere, in ultima analisi, nell’entrare in questo amore. È il vero antidoto contro il male. Il potere del male nasce dal nostro rifiuto di amare Dio. Chi si affida all’amore di Dio è redento. Il nostro non essere redenti è una conseguenza della nostra incapacità di amare Dio. Imparare ad amare Dio è dunque la via della redenzione umana”.

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