Può cambiare rotta chi è da 40 anni nella stanza dei bottoni?

18 Febbraio 2021
Lettura 2 min

di Luigi Basso – Draghi è il premier al primo mandato più anziano della storia repubblicana, con i suoi 74 anni.
Peraltro, dal 1983, Mario Draghi è sempre stato nelle stanze del potere, come consigliere di Ministri, direttore della Banca Mondiale, direttore generale del Ministero del Tesoro durante il decennio 1991-2001 delle privatizzazioni.
Poi Governatore della Banca d’Italia e Presidente della BCE fino al 2019.
A parte il fatto che non si comprende come uno di quelli che ci ha portato qui, possa risolvere la situazione (mistero della fede), il nome di Draghi è associato ai momenti cruciali degli ultimi 40 anni.
Per esempio, venne audito dalla Commissione d’inchiesta sull’affaire Telekom Serbia.
In questa vicenda il nome di Draghi fu tirato in ballo dall’ex Presidente della Stet, Biagio Agnes in relazione alla storia delle sue dimissioni richieste dal Governo dell’epoca.
La Stet era la holding pubblica delle telecomunicazioni e la commissione voleva sapere se quelle dimissioni “spintanee” fossero da mettere in relazione con la vicenda serba.
Riportiamo direttamente la versione di Agnes dagli atti della Commissione Parlamentare Telekom Serbia.
Dall’audizione del dottor Biagio Agnes dell’11 dicembre 2002 (all’epoca dei fatti narrati Agnes era Presidente Stet).
“Vengo convocato la mattina per telefono mentre mi trovavo a casa per le ore 18,30 del pomeriggio. Chiedo a Pascale ed apprendo che anche lui è stato convocato per le 15 del pomeriggio. Alle 18,30, prima di andare all’appuntamento, vedo Pascale il quale mi dice di essersi dimesso perché glielo hanno chiesto anche se non ha capito bene il motivo. Rispondo che io non mi sarei dimesso perché non vedrei motivi per farlo.
Vado all’appuntamento e sono ricevuto dall’allora ministro del tesoro Ciampi e dal dottor Draghi. Premetto che corrisponde al vero il fatto che ventiquattro ore prima avevo visto il dottor Draghi, che non conoscevo, con cui ho parlato di strategie e della STET – che peraltro stava attraversando un buon momento – e con il quale ci siamo lasciati dicendo «ci rivediamo». Il giorno dopo è avvenuto quello che è avvenuto.
Sono andato all’appuntamento al Ministero del tesoro dove si è svolto un colloquio molto, molto civile con il ministro Ciampi, presente Draghi. Alla richiesta di dimissioni, motivate dal fatto che era meglio che nuove forze facessero le privatizzazioni, ho opposto un diniego al quale il ministro del tesoro ha risposto «la capisco, non posso dire che fa male, faccia come vuole». Ci siamo salutati e il dottor Draghi mi ha accompagnato alla macchina. Insieme abbiamo preso l’ascensore e parlando, Draghi mi ha chiesto «perché non si vuole dimettere? L’ha fatto anche Pascale». Ho risposto «Pascale ha i suoi motivi, io ho i miei e non intendo dimettermi». Ha continuato con «Ma chi glielo fa fare, chissà i giornali che cosa diranno…!» ed io ho controbattuto «diranno che non mi sono dimesso, non possono dire altro.» «Le conviene dimettersi, lei ha pure famiglia, perché non deve dimettersi? Pensi a tante cose! Non voglio dare alcun giudizio, racconto quanto è successo come ho fatto anche nell’intervista.”
Nelle successive audizioni Agnes confermerà sempre l’episodio.
Anche Draghi sarà audito sul fatto e dirà che quel linguaggio non gli appartiene e che non usò mai il tono mafioso, parole testuali sue, che gli attribuì l’interlocutore. Quindi, smentita e presa di distanze. Tutto sta agli atti.
Non risulta, a parte smentite a mezzo stampa, che Draghi abbia denunciato o fatto causa ad Agnes.

http://legxiv.camera.it/_dati/leg14/lavori/stenbic/55/2002/1211/s050.htm

http://legxiv.camera.it/_dati/leg14/lavori/stenbic/55/2003/0320/s050.htm

http://leg14.camera.it/_dati/leg14/lavori/stenbic/55/2003/0430/s030.htm

Photo by Katie Smith

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