Perché non voterò al referendum? Perché il risparmio è avere il residuo fiscale, non tagliare i parlamentari

16 Settembre 2020
Lettura 1 min

di Pierluigi Crola – Il giorno 20 e 21 settembre si svolgerà il referendum per la conferma della legge sul taglio dei parlamentari.

Ci sono ragion valide sia per il sì che per il no:

  • in Italia, paese di 60 milioni di abitanti, c’è il doppio dei parlamentari degli Stati Uniti che di abitanti ne hanno 5 volte di più;
  • si risparmierebbero dei soldi;
  • con meno parlamentari verrebbe in parte meno il rapporto eletto-territorio;
  • la riforma è incompleta se passa il sì: approvare il taglio senza una nuova legge elettorale e ridefinizione dei collegi sarebbe come inaugurare una casa cui mancano le finestre e il tetto;
  • se passasse il no, ci sarebbe la possibilità di crisi di governo e quindi nuove elezioni.

Sono tutte cose ineccepibili ma la questione vera è un’altra: CHE COSA CI GUADAGNEREBBE LA PADANIA?

Innanzi tutto, nessuna forza politica ha veramente intenzione di portare avanti un serio progetto quanto meno di autonomia, ancor meno di federalismo, poiché ormai tutti i partiti rappresentati, ad eccezione dei sudtirolesi che, però si aggregano al carro dei vincitori, in cambio del mantenimento dello status quo nelle loro terre, e, quindi, anche se ci fossero nuove elezioni, nessuno sosterebbe l’unico progetto serio, innovativo e moderno di un nuovo assetto dello Stato (non dico Nazione, perché non esiste la Nazione italiana, tranne che nei pensieri di qualche nostalgico ).

In secondo luogo, la questione economica. La Lombardia ha un residuo fiscale di 54 miliardi di euro, il Veneto di 18 e così via perle altre Nazioni (queste sì) padane, eppure quei soldi vanno direttamente a Roma. A maggior ragione, se si risparmiasse qualche briciola dal taglio dei parlamentari, per noi cosa cambierebbe?

IL GIORNALE

Direttrice: Stefania Piazzo
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