Perché è sbagliato e dannoso il liceo per tutti fino “a una certa età”, come propone Calenda

11 Maggio 2022
Lettura 2 min

di Sergio Bianchini – La proposta di Calenda di rendere obbligatorio il liceo per tutti è assolutamente poco seria e senza una reale volontà di realizzazione.

La prima osservazione è che l’idea prescinde da qualunque osservazione sull’età degli alunni. Oggi la scuola dell’obbligo arriva fino ai 14 anni mentre l’obbligo è fino a 16 anni.

Sarebbe facile sostenere che fino ai 16 anni il percorso scolastico debba essere uguale per tutti. Formulato così il discorso avrebbe una logica ed anche una reale valenza egualitaria che tangenzialmente la proposta di Calenda sembra sostenere.

Ma l’egualitarismo non è davvero la meta del discorso. C’è invece la consueta esaltazione del primato della cultura storica filosofica tipico e prevalente nell’Italia “romana e centrale” che da sempre caratterizza il potere politico in Italia.

La realtà è però che questo primato storico filosofico si nutre dell’industriosità del nord e delle sue centinaia di migliaia di piccoli e grandi imprenditori che hanno consentito (anche senza la laurea e perfino senza il diploma) e consentono un autentico sviluppo dell’Italia intera mandando alla Roma filosofica metà dei risultati del proprio lavoro.

Ma c’è un’altra carenza gigantesca nella proposta di Calenda: manca la conoscenza degli alunni e delle differenze non solo sociali ed economiche al loro interno ma anche della struttura psicologica relativa all’apprendimento.

In tutta Europa si sa e si dice (da noi lo si pensa ma non si può dirlo) che circa la metà degli alunni è poco incline all’apprendimento solo concettuale e mnemonico e propende invece fortemente per “imparare facendo”. Qualunque insegnante sa che una massa grandissima di alunni soffre già nell’attuale scuola media della prevalenza delle materie letterarie e matematiche( circa 20 ore sulle trenta ore settimanali) e propende fortemente per le materie insegnate con un taglio applicativo ed operativo.

E questo già oggi induce vari insegnanti nella scuola media e perfino nell’elementare ad introdurre attività “ laboratoriali” che hanno appunto la caratteristica di essere costruttive e creative e danno ai giovani un ruolo operativo molto gradito.

Il problema vero sta quindi nel definire un percorso fino ai 16 anni che dia spazio sia alle materie “gloriose” come storia- filosofia e matematica-scienze, sia a materie opzionali che aggancino alla realtà imprenditoriale, produttiva, industriale, operativa, le differenti origini, tendenze, motivazioni, interessi dei giovani.

Dopo i 16 anni se avessimo la scansione europea resterebbero solo due anni per un diploma. Da noi ne restano tre perché abbiamo 13 anni per arrivare al diploma anziché 12. Comunque nei 3 anni rimanenti per diplomarsi la formazione specialistica avrebbe tutti gli spazi necessari.

Ai testardi “umanisti”, testardi ma anche generici e senza capacità di analisi quantitative, bisogna chiarire che la tendenza a fare l’università e perfino 2 o 3 anni successivi di specializzazione oggi è troppo gonfiata.

Secondo me incanalare tutti i giovani su un percorso così lungo di solo apprendimento concettuale e mnemonico è estremamente dannoso sia per la società che per i giovani stessi. Ai giovani non viene data alcuna dignitosa possibilità di sperimentare e sperimentarsi. Invece sarebbe utilissimo dopo una prima qualifica a 16 anni e dopo il diploma a 18-19 sviluppare massicciamente il part time favorendo, con strumenti legali e fiscali, assunzioni aziendali per 3 o 4 ore al giorno.

Questo darebbe a tutti i giovani la possibilità di avere un piede nella realtà economica produttiva con grande vantaggio per la loro salute mentale oggi provatissima, e per chi lo desiderasse di provare anche a proseguire gli studi universitari senza pesare eccessivamente sulla famiglia. E alle aziende darebbe lo spazio di flessibilità necessario per conoscere, formare ed educare giovani poi facilmente integrabili in un full time positivo per tutti.

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Direttrice: Stefania Piazzo
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