di Sergio Bianchini – Ho già analizzato varie volte innumerevoli danni conseguenti alla meridionalizzazione dello stato. Dall’inefficienza cronica, all’eccessivo ricambio del personale con la produzione di instabilità, ai costi e alla corruzione. Ma non avevo mai guardato al tema dal punto di vista della società meridionale.
Guardando la meridionalizzazione dal sud ( e in parte dal centro) si può vedere come il sud sia polarizzato fortissimamente. Da una parte gli “statali” cioè coloro che fruiscono di uno stipendio proveniente da impieghi pubblici e dall’altro la rimanente società che vive nell’incertezza.
I dipendenti statali sono così definiti nella relazione della corte dei conti del 2020 basata sui dati del 2018:
Funzioni locali sono quelle dislocate nelle regioni e nei comuni ma dipendenti dal centro. Il personale in regime di diritto pubblico( 574.350) è costituito da: magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare (180.000 circa)e delle Forze di polizia di Stato( 300 mila circa), il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia.
A questo personale direttamente statale di 3.224.822 vanno aggiunti gli indiretti, come i dipendenti delle televisioni, delle radio, delle ferrovie, delle poste e di enti ufficialmente indipendenti ma tradizionalmente applicanti il sistema delle assunzioni meridionali.
I garantiti con uno stipendio certo sono dunque circa 4 milioni e provengono dal territorio meno industrializzato e meno ricco del paese. In quel territorio sono circa, con le famiglie, il 30% della popolazione.
Il rimanente 70% come vede questa parte garantita? A mio parere molto male, con un misto di distacco, invidia e disprezzo, che ha portato all’enorme sostegno dato al reddito di cittadinanza sostenuto con percentuali anche intorno al 70% dei voti politici del M5S.
Invidia da un lato e disprezzo dall’altro che alimentano un profondo antistatalismo diffuso sia nel ceto della piccola economia bottegaia, agricola, artigiana, della disoccupazione endemica, del lavoro precario e nero. Un profondo antistatalismo ed anche una profonda sfiducia nei di solito inetti vertici politici e intellettuali.
Questo stato d’animo produce una inesorabile indifferenza o perfino ostilità verso tutto l’impianto educativo del ceto medio alto che rimane impotente ad incidere veramente sull’identità culturale e morale dei giovani. Dove il ceto educatore è a sua volta pervaso da un senso di colpa per il privilegio di una sicurezza economica fortunosamente acquisita.
Uno stato d’animo diffuso che probabilmente incide anche sul proliferare delle attività illegali comprese quelle più rocciose come le tre mafie (tralasciando la sacra corona pugliese) più potenti del mondo che hanno sempre nelle tre regioni del sud il loro cervello e la loro anima.
Forse le mie sono considerazioni parziali ma credo fondate. Da queste discende che la demeridionalizzazione dello stato è funzionale sia al nord che al sud se si vede la società nel suo insieme.
Come si potrebbe realizzare? Ho già proposto che i concorsi e le assunzioni nello stato siano fatte in modo che il risultato finale garantisca una compresenza di nord centro e sud proporzionale alle popolazioni delle 3 macroaree del paese.
Se ci sarà questa volontà le procedure tecniche sono innumerevoli. Ma prima di tutto ci vuole questa consapevolezza.