di Stefania Piazzo – “Non ho parole”. Questo il messaggio che Giorgia Meloni avrebbe postato nella chat degli eletti di Fdi. A Londra, dove si trova in missione, la presidente del Consiglio si è trovata lontano da casa a prendere atto del voto sul DEF , che ha visto la maggioranza andare sotto alla Camera.
C’è chi dice che sia colpa del numero ridotto di parlamentari, spacciata come risparmio per il Paese. E la dimostrazione che uno vale uno non sia una garanzia di tenuta per la rappresentanza e la democrazia è presto servita alla prima prova del nove. Ma fosse solo uno vale uno…
Il governo va sotto in un voto che è importante. Non si votava per il riconoscimento del caciocavallo podolico, ma per il documento che scandisce la programmazione economica del Paese. Camera assente. Maggioranza assente. E opposizione che sa di poter contare, presente.
Qualche ora fa chiacchierando con l’amico epistocratico Luigi Negri si ragionava della scissione dell’atomo in alcuni partiti di oggi. Poi guardandosi attorno, tra i tanti cavalli di razza che circolano in Parlamento c’è senza dubbio Matteo Renzi. Ma i tempi della Democrazia Cristiana, Renzi sarebbe stato uno dei tanti talenti dentro un partito. La Dc contava e ha fatto storia perché era una oligarchia di personalità. Nessuno spumava sopra l’altro. C’erano le correnti, componenti forti, e ogni personalità non gridava le proprie ragioni. Era una politica non urlata. Le strategie erano altre. Ma oggi le personalità sono state sostituite dai personalismi.
Lo scivolone della Camera che resta stordita per la figura epocale della bocciatura del Def, è la somma dell’oligarchia dei personalismi. Lo scivolone rientrerà, ma resta la sciatteria di una classe politica, ridotta nei numeri per “risparmiare”, che insidia da dentro la leadership di Giorgia Meloni. Il problema ce l’ha in casa la democrazia, oggi tocca a Giorgia, domani sarà la volta di “Vota Antonio”.
La premier dice: “Credo che sia stata superficialità, che non so dire se sia meglio o peggio ma è qualcosa a cui si rimedia con un confronto fra di noi”. Il confronto andrebbe fatto a monte, per selezionare una classe dirigente che comprende le conseguenze di un bottone da schiacciare, perché prima ha studiato quello che ha portato al voto e ha studiato il senso delle istituzioni. Prima di essere scelta.