di Roberto Gremmo – Nel maldestro ed affannoso tentativo di nobilitare l’ennesima capriola cadreghinista, il nostro glorioso Capitan mohito si è esibito nell’ennesima sceneggiata, sventolando platealmente un libri di storia e proclamando che l’attuale governissimo draghista sarebbe in realtà una riedizione, aggiornata e corretta, della grande coalizione dei partiti antifascisti, creata subito dopo la fine dell’ultima guerra.
Sorvoliamo sul fatto che molti politologi considerano quella coalizione l’anticipazione e l’origine del sistema partitocratico e consociativo che ha dominato ed inquinato la vita politica italiana, sostanzialmente basata sull’equilibrio di poteri fra le diverse ma sempre dialoganti compagini ideali.
Al nostro politologo dei Navigli, indomito capitano di breve corso, sfuggono almeno due elementi di non poca importanza che suggeriscono di non avventurarsi in spericolati parallelismi.
In primo luogo, alle elezioni del 1946 votava una percentuale di elettori altissima ed il consenso globale ai partiti era straordinario, mentre oggi la disaffezione verso le varie forze politiche supera almeno il trenta per cento del corpo elettorale, a dimostrazione della sempre crescente disaffezione e sfiducia nei confronti di questo sistema.
Ma non si deve dimenticare che in quel momento difficile, ottennero un lusinghiero successo a dispetto di tutto, discriminazioni e calunnie comprese, anche le forze politiche che si opponevano al blocco partitocratico ed infatti una formazione anomala come “l’Uomo qualunque” si affermava come quarta forza politica all’insegna dello slogan “Abbasso tutti”.
Esaltare come esempio virtuoso un governo che aveva contro così consistenti strati popolari (anche il movimento sociale ottenne un buon risultato) non è proprio opportuno, perché si trattò, senza ombra di dubbio, del primo passo verso la nascita della Repubblica dei partiti, contrapposta a quella dei cittadini.
Temo però che il nostro avventuroso capitano non abbia ancora finito di leggere l’impolverato librone di Storia, perché quel governo del “tutti insieme appassionatamente” non fece gran strada. Quando si tratto di gestire i cospicui fondi del Piano Marshall, senza pensarci troppo, De Gasperi e la Dc affibbiarono un sonoro calcione nel didietro, cacciando fuori dal governo Togliatti e Nenni che avevano creduto di far fessi tutti, scoprendosi democratici e pluralisti.
Vogliamo scommettere che quando si dovranno amministrare i fondi europei, il potentato economico e finanziario darà il benservito ai camaleonti che hanno chiesto il voto sparando a zero sul sistema per poi ridursi a truppe cammellate?