La scuola dei più furbi? Al centro l’inerzia e gli interessi romani e non solo

10 Settembre 2021
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di Sergio Bianchini – Giovanna Boda, ex responsabile nientemeno che di RISORSE UMANE, FINANZIARIE E STRUMENTALI del Ministero pubblica Istruzione è al centro del gigantesco scandalo, di cui i media poco hanno parlato, che pone molte domande sul metodo di funzionamento di alcuni vertici organizzativi della pubblica istruzione. Partendo dalla presunzione d’innocenza e dal rispetto dei tempi della giustizia, non mettiamo nessuno alla gogna. La questione va ben al di là della vicenda Boda e questo fatto di cronaca diventa lo spunto per guardare oltre, dentro la scuola italiana.

Io che ho fatto il preside per 25 anni sapevo e riscontravo perfettamente ogni giorno che dai vertici della scuola provenivano non vitamine ma tossine. Nessun riscontro esisteva tra le indicazioni della catena di comando e la realtà organizzativa della vita scolastica, a partire dall’assunzione e dalla gestione del personale fino all’adozione dei libri di testo e non parliamo del controllo sull’esecuzione delle indicazioni didattiche e sui risultati.

Le solenni e ricorrenti esortazioni prive di verifiche, circa la magnanimità dell’insegnamento e le sempre più nobili finalità erano sempre generiche ed io le chiamavo “i petali sul letamaio”. Nel frattempo correvo per reperire i supplenti e tentare invano di dare stabilità alla funzione docente nella scuola.

Anche le ricorrenti circolari che cercavano di obbligare i presidi a rifornirsi dall’azienda acquisti del ministero mi suonavano in modo stridente perché l’acquisto di un computer fatto a livello comunale è certamente più rapido e sicuro e assistito che se fatto tramite l’agenzia romana.

Una volta rimasi ancora più stupito dall’arrivo sul conto della scuola di un finanziamento non richiesto dedicato all’acquisto di lavagne telematiche. In quel tempo la cosa non era nelle priorità della scuola ed i soldi non furono spesi dato che io li ignorai. Circa un anno dopo ci venne richiesta o la certificazione di spesa o la restituzione. Nessuna presentazione, nessun contatto telefonico. Niente. Giocando sul fatto che nessuno avrebbe potuto rifiutare uno stimolo così “moderno” e gratuito da Roma si stabiliva e oliava una spesa usando il meccanismo consueto del “basismo di vertice”. Dove vertici inetti e assenti ma maneggioni fanno finta di aderire a richieste di base create appositamente. Ebbene oggi sono contentissimo di non essere stato al gioco.

Il letamaio ricoperto di petali verbali e mediatici è ormai da decenni la realtà della scuola e la scarsa trasparanza anche nelle graduatorie nazionali sicuramente altissima. 30 anni fa arrivò a Milano dalla Toscana un provveditore secondo me bravo, l’unico da me conosciuto, che si interessava davvero dei meccanismi di funzionamento del sistema. Sottoposto all’ostilità del sindacato, che è la vera anima organizzativa della scuola a tutti i livelli, stette solo due anni e poi se ne andò. Fece una serata di commiato a cui tutti i presidi erano invitati e su mille circa della provincia di Milano se ne presentò una trentina. In quella occasione raccontò che era stato costretto a mettere i pass nel centro di calcolo del provveditorato perché da lì venivano falsificati i punteggi delle graduatorie. Disse anche di essere andato a parlare col team di mani pulite allora in piena attività (anni ‘90) e di aver ottenuto come risposta che l’illegalità era ormai superiore al 70%. Nessuno potè mai verificare la sua denuncia.

Queste cose passavano senza lasciare traccia sulla maggioranza dei miei colleghi tutti presi o dal galleggiamento servile o da entusiasmi riformatori velleitari e senza possibili risultati.

Una quindicina di anni fa cercai di chiarire, innanzitutto a me stesso, la situazione dei libri di testo. Feci varie telefonate sia in provveditorato che presso case editrici per avere qualche statistica sui libri di testo più usati in alcune materie. Fu impossibile avere risposta. Alla fine ricevetti un numero di telefono di Napoli dove mi rispose una persona sicuramente incapace di comunicare qualunque cosa. Allora rinunciai ma ebbi la conferma che anche sui libri di testo vige, coperta dalla finzione democratica dove ogni docente adotta il testo a suo piacimento, la consueta realtà dove nessuno conosce e verifica la corrispondenza del testo alle necessità del ministero e della didattica. Nessun vero dibattito trasparente e di alto livello culturale e professionale si inserisce nella scelta chiave del docente. Salvi ovviamente i circuiti misteriosi operanti dietro le ben ovattate quinte.

E così la putrefazione continua e non si vedono minimamente segnali di cambiamento.

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