di Roberto Gremmo – Ho sperato fino all’ultimo in un buon risultato del Partito dei Veneti che però, malgrado i coraggiosi sforzi dei suoi candidati, e’ finito schiacciato dal debordante venetismo di Zaia e dalla confusione creata dal mimetismo di altre formazioni politiche che si sono scoperte autonomiste all’ultima ora, facendo disperdere in mille rivoli i voti identitari.
E’ una vecchia storia, che danneggiò la stessa Liga Veneta già nel 1987. Ma allora a creare confusione provvidero direttamente i servizi segreti, perché Rocchetta, Gobbo e Marin davano già grande preoccupazione a Roma. Nel Veneto di Zaia l’unico ad uscirne senza ossa rotte è stato il professor Zecchi, un personaggio già noto, che ha coraggiosamente accettato di battersi in una lotta dura e difficile, comunque silenziata dai mass media confermisti e gregari della partitocrazia.
Era invece atteso l’insuccesso valdostano degli indipendentisti mentre si registra la tenuta unionista, nelle condizioni terribili delle inchieste sulle infiltrazioni mafiose e della crisi della cassaforte regionale del Casinò. Spiace anche la prevedibile sconfitta di Grande Liguria, una lista nata in fretta, con un programma generico e poco praticabile (statuto speciale? Perché ?) e soffocata in culla dalla Lega Nord che già nel simbolo si gabellava per ligure mentre in realtà inneggiava al peggior presidenzialismo centralista di prima gli italiani.
Gli spazi per un’azione autonoma fuori e contro la corazzata Lega, lo so per bruciante esperienza personale, sono davvero pochi.