di Stefania Piazzo – Putin nell’incontro con Guterres nelle scorse settimane ha affermato una proprietà transitiva. Repubbliche del Donbas indipendenti alla stregua del Kosovo. Un lettore disattendo davanti a queste affermazioni del presidente russo al segretario delle Nazioni Unite potrebbe pensare che non ci sia nulla di anomalo.
In realtà anomalie ce ne sono, e tante. Per prima cosa, basta dare un’occhiata alla reazione serba a queste affermazioni. Perché, va ricordato alla smemorata e distratta stampa, che Mosca non ha mai riconosciuto il Kosovo e che la Serbia con il presidente di recente rieletto, soprannominato anche il piccolo Putin dei Balcani, è sconcertata. Ma come, il principale alleato di Mosca viene scaricato così in fretta? Non pochi a Belgrado hanno interpretato le parole di Putin come un riconoscimento di fatto del Kosovo e hanno accusato Putin di aver voltato le spalle alla Serbia per il proprio interesse.
“È un dato di fatto che molti paesi occidentali hanno riconosciuto il Kosovo come uno stato indipendente. Abbiamo fatto lo stesso con le repubbliche del Donbas… Conosco bene gli atti della Corte internazionale sulla situazione in Kosovo. In effetti, li ho letti io stesso. Ricordo molto bene la decisione della Corte Internazionale, che afferma che quando adempie al proprio diritto all’autodeterminazione un territorio all’interno di uno Stato non deve chiedere il permesso al governo centrale del Paese per proclamare la propria sovranità. Questa era la sentenza sul Kosovo, e questo è ciò che ha deciso la Corte internazionale, e tutti l’hanno appoggiata”, ha detto Putin a Guterres.
Putin ha scaricato la Serbia per il Donbas? In Italia non ne ha parlato nessuno. Le reazioni sulla stampa serba sono state invece vibranti. Il Piccolo di Trieste ha correttamente inquadrato la questione scrivendo:
“Inatteso cambio di rotta nei rapporti tra Serbia e Russia. I tabloid filogovernativi attaccano il «traditore» Putin. Dietro all’inatteso raffreddamento nei rapporti il paragone poco gradito tra Donbass e Kosovo”. Scrive Stefano Giantin: “Una svolta storica e allo stesso tempo dolorosa e drammatica. È quella che starebbe maturando in Serbia, Paese che ha come obiettivo strategico l’ingresso nell’Unione europea. Ma che coltiva da sempre strettissimi legami con Mosca, nazione alleata e amica, che soddisfa quasi interamente il fabbisogno energetico di Belgrado e che ha contribuito a modernizzare le obsolete forze armate serbe”.
Ma come, la Russia vuole perdere così facilmente in Europa il principale alleato balcanico? E l’Europa cosa ne pensa della richiesta della Serbia di far parte, così com’è legata a Mosca, all’Unione Europea? Sarebbe un elemento di dialogo o di spaccatura del fronte occidentale europeo? Gioverebbe di più a Mosca o a Bruxelles?
Insomma, c’è chi ricorda il diverso passo della vecchia politica estera stile Gromiko. Una prudenza e una visione che oggi ci scordiamo pure nelle parole di Putin. Quasi quasi con nostalgia della saggezza che governava i passi nel pieno della guerra fredda. C’era più pace forse allora, grazie al minor tasso di dilettantismo?