Gli Stati nazionali centralisti sono superati dalla storia. Eppure dettano legge

3 Maggio 2022
Lettura 2 min

di Roberto Pisani – “Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”. Articolo 118 della Costituzione Italiana.

Bene, partiamo da qua. In verità succede l’esatto contrario: i soldi vanno allo stato centrale che ne restituisce una piccola parte e, soprattutto, quello che decide lui. E come fanno gli enti locali ad amministrare soldi che non hanno? Storture dello stato centrale. Già, lo stato centrale. Forse vale la pena porsi qualche domanda sulla funzione degli stati centrali. In realtà hanno ancora senso di esistere?

Francamente io ho estremo rispetto per chi ha dato la vita per difendere i confini, e per chi, purtroppo, lo sta facendo tutt’ora, ma il mondo, che si voglia o no, è cambiato. Viviamo nell’era della globalizzazione, di fatto esiste un libero scambio di merci da ogni parte del mondo, le persone possono vivere più o meno dove gli pare, tranne in quegli stati che sono rimasti legati alla vecchia mentalità centralista. 

E allora hanno ancora senso i confini nazionali? A cosa servono i governi nazionali se poi gli stati devono sottostare alle regole imposte dalle varie istituzioni comunitarie? Prendiamo per esempio un piccolo comune: sopra di esso vi sono in ordine le amministrazioni provinciali, quelle regionali, quelle statali e quelle comunitarie, per noi ovviamente l’Europa. E nel mezzo una miriade di altre realtà costituite dai vari enti utili o meno che formano una rete e che tante volte sono solo dei veri e propri poltronifici. E tutti a dettare legge, a creare caos e a dire ai poveri piccoli territori cosa devono o non devono fare. Al confronto Arlecchino servitore di due padroni era un uomo libero. 

Posso anche capire che parlare di secessione e di indipendenza possa spaventare la gente però la vera questione, a mio avviso, è quella di far capire che gli stati nazionali, così come li conosciamo, sono strutture obsolete. Sinceramente faccio fatica a riconoscere anche la vera funzione delle regioni, che dovrebbero, a mio avviso, essere subalterne ai comuni e non l’esatto contrario. Va poi fatta un’ulteriore considerazione.

La Lega Nord, durante la sua storia, ha più volte cambiato visione politica passando da autonomista a federalista, da indipendentista a secessionista, dal parlare di macro regioni all’interno di uno stato nazionale a voler una repubblica federale del nord, e nel contempo sedersi per oltre trent’anni sulle comode poltrone del Parlamento italiano alleandosi con quei partiti centralisti che a tutto pensavano tranne che condividere quei disegni politici.

E questo sicuramente non ha fatto bene alla causa indipendentista. Insomma un percorso piuttosto confusionario che ha ignorato quello che è il vero punto: la funzione obsoleta degli stati nazionali, e in particolar modo quello italiano. Sono convinto che se si vuole progredire e restare al passo coi tempi bisogna dare la possibilità ai singoli territori di autogovernarsi togliendo a loro la palla ai piedi di uno stato centrale lento, macchinoso e pachidermico. Voglio concludere questa mia riflessione con un pensiero del poeta Fabrizio De André, che era considerato da tutti un anarchico ma che si definiva libertario. “L’anarchia non è fare quello che ti pare, l’anarchia è darsi delle regole prima che te le diano gli altri”.


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