Esistono 3 Italie, quando lo capiranno sarà tardi

25 Marzo 2021
Lettura 2 min

di Sergio Bianchini – Senza ammettere, porre e porsi esplicitamente l’esistenza di tre Italie è impossibile non solo fare vere riforme per sanare il sistema, ma è impossibile persino immaginarle.

Da 40 anni il sistema Italia è in crisi, gli annunci di riforme sono ormai immemorabili mentre ad avanzare costantemente è solo il degrado e la rissosità delle rappresentanze politiche.

Si, le Italie sono 3, nord, centro e sud. Lo sanno tutti ma soprattutto coloro che detengono il potere statale cercano di nascondere questa realtà. Anche se il loro pensiero profondo e permanente è proprio lo stesso e cioè come impedire la deflagrazione dello stato e della nazione.

E così le idee che ogni volta nascono per superare l’ormai abituale stato di emergenza hanno un solo problema, come impedire la spaccatura, lo sviluppo ineguale riaffermando sempre la necessità di eliminare le differenze tra nord e sud, di uniformare. E come? Dando più potere al centro e alle sue decisioni, ignorando e demonizzando le differenze territoriali con una prassi asfissiante contro i particolarismi a favore di un centralismo che non si realizza mai.

Si, il centralismo non si realizza mai perché i pensatori, i manager, i giuristi, gli intellettuali centralisti in realtà sono quasi tutti meridionali e meridionalisti. Credono o spesso fanno finta di occuparsi del bene comune ma il loro pensiero non è logico e conseguente. Il loro pensiero vero è sempre lo stesso, difendere e mantenere la propria esistenza preminente dentro lo stato senza occuparsi davvero di efficientarlo.

E così le tre Italie vengono sempre più tenute insieme da un sistema giuridico e culturale che le compatta dall’esterno come una ingessatura soffocante e paralizzante. Che però al sud va bene. O meglio appare come il male minore. Un sud che teme tantissimo “di essere abbandonato a sé stesso”. Significativa questa ricorrente formulazione!

Un centralismo tendenziale costantemente ostacolato da un secessionismo tendenziale e viceversa. Ecco la dinamica reale del paese. Con diatribe permanenti e capovolgimenti repentini sempre senza sbocchi. A volte parlando tra amici salta fuori che prima o poi sarà il sud a secedere. Paradosso non impossibile.

Secondo me allo stato ingessatore dovremmo sostituire lo stato spina dorsale. Una mutazione simile a quella avvenuta tra i molluschi con la conchiglia dura e un ventre molle ed i vertebrati con una corda interna circondata dalla parte molle. Che permise la forza ed allo stesso tempo il dinamismo dei nuovi organismi. Una struttura meno pesante ma in grado di sostenere dall’interno il corpo intero senza distruggere il dinamismo ad ampio raggio.

Ciò sarebbe possibile se il personale statale, dai ministeri alle scuole, dal livello esecutivo a quello dirigenziale fosse proveniente da tutte le tre macroregioni e non da una sola. Perché oggi la totale meridionalizzazione dello stato è una grave malattia che iniziò sotto il fascismo e che già Gramsci stigmatizzò quando i dipendenti statali erano 400 mila.

La meridionalizzazione dello stato è l’incapacità e la rinuncia a costruire lo sviluppo di tutti i territori del paese ed una generazione abusiva del reddito meridionale che placa l’inquietudine della parte più povera del paese ma a spese di una profonda degenerazione dello stato. Degenerazione che mantiene e produce la sua costante inefficienza. Altro che burocrazia!

Quindi il vero cambiamento richiederebbe governi di ampia unità con un apparato statale non uno ma trino e prima di tutto la disponibilità costante ad esprimere e governare le tre realtà fondamentali del paese senza vergognarsene. Producendo sincerità e chiarezza, smettendo di oscurarle in pubblico e strumentalizzarle nelle retrovie.

Anche l’enfasi del nuovo ministro Bianchi sul ruolo unificatore nazionale della scuola mi inquieta molto perché continua a mettere al centro non le necessità organizzative possibili e necessarie per una scuola allo sbando da decenni. La sua ansia, Il suo modello, rimane l’uniformità nazionale e quindi vedrai che penserà al tempo pieno obbligatorio per tutti. Poi però mancheranno i soldi per farlo e allora si continuerà a piagnucolare dicendo che quella sarebbe la linea ma …. Addio dunque a riforme vere e non solo annunciate.

E intanto gli anni passano, i bimbi crescono, le mamme imbiancano…come sempre inutilmente.

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