Elezioni, neo feudalesimo dei governatori o autonomia delle Regioni?

24 Settembre 2020
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di Luigi Basso – Dopo questa tornata elettorale, che ha visto l’affermazione dalla Campania al Veneto, passando per la Liguria, delle liste personali dei Presidenti di Regione uscenti, va di moda la seguente argomentazione: vedete, il peso dei Governatori aumenta e questo va verso l’autonomia delle Regioni, così come la legge sull’elezione diretta dei Sindaci ha dato maggior importanza ai Sindaci.
In realtà la situazione è diametralmente opposta.
La vittoria delle liste dei Governatori uscenti, a discapito dei partiti “romani”, non ha nulla a che vedere con l’autonomia o il federalismo.
Così come la legge sull’elezione diretta dei Sindaci del 1993 non ha minimamente influito sui poteri e sulle competenze dei Comuni, ma ha solo contribuito a rendere famosi i Sindaci senza toccarne, appunto, il ruolo di completa soggezione rispetto allo strapotere del Governo Centrale.
Il fenomeno attuale di personalizzazione e spettacolarizzazione del (poco) potere di Governatori e Sindaci, semmai, ha più attinenza con quello del feudalesimo: si assiste infatti all’affermazione individuale di piccoli Ras locali, che creano, o cercano di creare, piccole corti di ruffiani, clientes, manutengoli, beneficati e aspiranti (la maggioranza) a tali ruoli.
Tale fenomeno non è affatto accompagnato dal riconoscimento FORMALE o GIURIDICO di un maggior potere dei Ras.
Affatto: lo strapotere del Sovrano che può annullarne leggi e ordinanze è intatto e sempre efficacissimo.
I Presidenti e i Sindaci non hanno aumentato le proprie funzioni, ma solo la propria boria.


La descritta situazione è molto simile al sistema feudale, sistema in cui su un territorio insisteva un Signore, sottoposto al Sovrano Centrale in tutto e per tutto: il Sovrano aveva anche il potere di vita o di morte sul Signorotto che gli doveva obbedienza cieca e assoluta, per dire.
Il Ras, su quel territorio, replicava lo schema che lo legava al Sovrano e così legava a sé, in un rapporto fiduciario diretto, i suoi sottoposti, creando una piramide fedele con l’unico compito di gestire l’esistente e reprimere ogni aspirazione al cambiamento, unico nemico del Sovrano.
Non a caso, gli attuali Ras non hanno alcun progetto politico (alcuni fingono solo di averlo) se non quello della gestione del potere, secondo le linee impartite dal Sovrano Centrale.
Non deve quindi stupire, per esempio, il fenomeno della massiccia transumanza di politicanti da destra e sinistra e viceversa, poiché ciò che conta non è l’ideale politico, che non esiste, ma il vincolo fiduciario personale col Ras o il suo vassallo.
Difatti, a colui che passa da uno schieramento all’altro non è richiesta neppure una qualche abiura pubblica delle precedenti idee politiche, essendo sufficiente una dichiarazione di dedizione e devozione personali al Ras.
Questa trasformazione della politica in un nuovo feudalesimo è clamorosamente incarnata dalle Liste Civiche o dei Presidenti, vere e proprie “discariche” di ogni profugo della politica, dall’ex fascista all’ex comunista, uniti solo dalla brama di conquistare il Palazzo per cercare di sbarcare il lunario per sé e clientes.
In questo contesto l’unica richiesta fatta al Sovrano non è quella di fare riforme (non potrebbe essere neppure considerata una simile richiesta) ma di abbassare i controlli e magari le soglie degli appalti, per poter maneggiare denari pubblici più facilmente verso le proprie corti rigurgitanti bocche da sfamare.


L’autonomia è un’altra cosa.
L’autonomia è un programma che contempla che il Sovrano si riformi e riduca i suoi poteri e che tali poteri e competenze siano esercitate direttamente dai territori omogenei.
L’autonomia ruota attorno al concetto di libertà : poche leggi, prodotte dalle popolazioni interessate che si auto governano.
E torniamo all’autodeterminaxione dei popoli.
Come si vede, l’autonomia non ha nulla a che vedere con il feudalesimo.
Anzi, ne costituisce l’antitesi.

IL GIORNALE

Direttrice: Stefania Piazzo
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