di Roberto Pisani – L’ultima legislatura del Parlamento centrale, che per fortuna sta volgendo al termine avendo raggiunto il giro di boa del suo ultimo anno, è stata contrassegnata dal populismo, o meglio una stortura del populismo. Perché parlo di stortura? Semplicemente perché se si considera il significato stretto del termine “populismo” si può tradurre come “voce del popolo”. Assolutamente il contrario di quello a cui abbiamo assistito in questi anni.
Dapprima fu il popolo viola, i girotondini, il V-Day a cui fece seguito il MoVimento 5 Stelle di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio seguiti dall’altra parte dalla Lega salviniana. Storture appunto perché alla lunga questi personaggi hanno dimostrato che invece di ascoltare e seguire la voce del popolo seguivano quella dei loro leader. Un modo di far politica lontano dagli schemi di tradizionali, senza programmi veri e propri, basati sugli umori della gente, dai gradimenti sui social, dai likes e dai cuoricini.
Una bolla di sapone destinata a dissolversi nel vento perché senza fondamenta. A dire il vero questa situazione era iniziata nella legislatura precedente ma si è consolida in questa, con una classe politica incapace a risolvere i problemi seri che durante questo cammino si sono presentati, prima la pandemia e poi la guerra, tant’è che per poterne cavare un ragno dal buco ci si è dovuti rivolgere ad un tecnico, una personalità forte che avesse credibilità internazionale anche per gestire i fondi europei. E per fortuna tutto questo sta finendo.
Non che personalmente abbia tanta fiducia che il prossimo Parlamento sia migliore di questo, anche perché lor signori faranno in modo di approvare una legge elettorale che non cambi niente, o quasi, lasciando intendere che tutto cambi. Ormai li abbiamo conosciuti, sappiamo benissimo il loro modus operandi, siamo consapevoli del loro attaccamento alle poltrone così profumatamente retribuite, il tutto aggravato dal taglio di esse. E meno “cadreghe”, che non sono le mele del trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo, per tanti di loro significa andare a lavorare, parola per alcuni di essi totalmente sconosciuta.
A noi a questo punto cosa rimane? Una cabina elettorale e una matita in mano. Niente altro! Ma con quella matita possiamo fare qualcosa: mettere una croce in tutta coscienza senza seguire per una volta le indicazioni del capo branco o capo partito come lo si voglia chiamare e votare delle persone capaci, sempre ammesso che non sia state epurate già in fase di candidatura.
A personaggi che sanno parlare alla pancia della gente promettendo e non mantenendo, a chi sventola rosari, a chi doveva usare l’apriscatole per aprire le scatolette di tonno, ma che poi si è seduta comodamente a tavola mangiare, abbiamo dato. Adesso ci meritiamo una classe politica seria e preparata e non dei servi di partito.