di Stefania Piazzo – Cosa ci si può aspettare dai politici? Che lavorino, che siano preparati, che rappresentino il popolo. Ecco, il popolo in Parlamento non c’è perché si astiene. E si asterrà sempre di più nel vedere la furia di una rissa come quella di ieri a Montecitorio, in un crescendo di invettive e mani che cercavano di colpire l’avversario politico. Con rabbia. Un parlamentare d’opposizione grida al tradimento e sventola il tricolore mentre si discute del disegno sull’autonomia. Poi diventa tutto un parapiglia. Un nugolo di teste che si avventano contro il nemico, urla, schiamazzi, grida. Poi arrivano i nostri, anzi, il nostro. Un deputato della maggioranza che si agita più di tutti gli altri e che cerca di distinguersi per l’enfasi fisica, da vero lottatore delle democrazie, per replicare all’avversario nella forma mentale che gli abita in testa per difendere la patria. Sembra roba da assalto ai forni. Là, però, lo si faceva per fame, qui per mancanza di sostanza.
Ora invoca il Var, la moviola fuori campo per dire “non ho dato io i pugni”. Li avrà tirati qualcun altro, ma la scena resta quella. Lo stile del confronto eroico tra tutti resta immortalato nel tempo e qualcuno se ne vanterà. Un suo collega poco prima viene espulso dal presidente della Camera per aver inneggiato alla X Mas. Che tanto è stata già sdoganata da un campione di consensi.
Ci inchiniamo a cotanti strateghi della politica, spesso figli dei listini bloccati, della selezione di partito. Rappresentanti territoriali di un campetto di calcio, in squadra anche per meriti di lealtà al leader. Non serve il Var per accertarlo.