Brexit, se a dettar legge è la Germania

26 Dicembre 2020
Lettura 2 min

di Luigi Basso – I giornaloni europei e britannici stanno diffondendo voci di funzionari UE e britannici, rigorosamente coperte dall’anonimato, secondo i quali le parti avrebbero raggiunto un accordo sul trattato che regolerà i termini della Brexit.
Tuttavia, gli articoli in questione sono tutti accomunati da un unico denominatore: nessun reportage sa dire quale sarebbe il contenuto dell’accordo.


Il tono è più o meno il seguente: fonti di primissimo livello ci dicono che l’accordo è fatto e sarà ratificato dalle parti in causa in qualche settimana al massimo; il nodo della pesca sembra essere superato e pure gli altri nodi paiono sciolti.
Fatti zero, fuffa tanta, viene da dire.
Proviamo noi a fare chiarezza sullo Stato dell’arte.


Innanzitutto diciamo che tutti i principali scogli di un Accordo sulla Brexit sono in realtà ostacoli messi dalla UE, in particolar modo dalla Germania.
La tecnica è la solita: da un lato porre condizioni capestro assurde e dall’altro mettere le cose in modo che le colpe del fallimento delle trattative possano essere interamente addossate alla controparte.


In realtà l’assurdità della posizione UE, ovvero della Germania, emerge con chiarezza ove solo si consideri che, se le parti fossero state poste in ordine invertito, avrebbero fatto urlare di indignazione tutte le capitali del continente.
I nodi da risolvere sono: per l’import export, quali standard di produzione applicare e quali standard debbono avere i prodotti; quale Tribunale decide in caso di contenzioso legale; la definizione dei limiti della pesca nelle acque britanniche; il confine irlandese.


La posizione della UE, ovvero della Germania, è davvero esagerata: in caso di contenzioso legale sull’applicazione delle regole del Trattato deciderà la Corte di Giustizia Europea, cioè la UE; i britannici per vendere i loro prodotti in UE dovranno rispettare le regole delle imprese europee, comprese quelle sugli aiuti di stato; della pesca importa solo ai francesi, per cui la UE si accontenta di avere una quota del pescato dei mari inglesi; il confine irlandese passerà sul Mare d’Irlanda e la Gran Bretagna dovrà accettare l’umiliazione della mutilazione territoriale dell’Irlanda del Nord.
Insomma, la UE è in modalità “il lupo e l’agnello di Fedro”.


Se la vogliamo vedere (e dire) in modo più cattivo, è in modalità “Compiegne 3.0”, dove al posto della Francia c’è la Gran Bretagna che vinse la seconda guerra mondiale e pretese una resa senza condizioni.
D’altra parte, per apprezzare l’iniquità delle richieste della UE basti pensare che queste regole non sono richieste agli esportatori cinesi o a quelli del resto del mondo.
Per esempio: se gli altri Paesi che esportano in UE dovessero rispettare gli standard di produzione europei (si pensi alle regole sull’inquinamento, alla tutela sindacale dei lavoratori, al divieto dell’impiego del lavoro minorile, al divieto di trattamenti discriminatori, e così via), in UE non entrerebbe la gran parte della roba che arriva ogni giorno dai Paesi dell’Est Asiatico, per dire.

Inoltre, se la Gran Bretagna avesse posto queste condizioni, probabilmente la UE non si sarebbe neanche seduta al tavolo della trattativa.
La Ue, ovvero la Germania, non vuole stipulare un semplice accordo commerciale con uno Stato terzo.
Affatto.

La UE vuole in realtà ridurre la Gran Bretagna al rango di colonia anche per dare una lezione a quei Paesi che volessero un domani pensare a sottrarsi all’egemonia tedesca esercitata tramite le strutture della UE.
L’alternativa posta a Johnson da Berlino è chiaramente tra Hard Brexit o nessuna Brexit, tra l’isolamento totale (specialmente con Biden alla guida degli USA) o la riduzione al rango di colonia pure mutilata territorialmente.
Se Johnson accettasse il diktat tedesco sarebbe politicamente finito.

IL GIORNALE

Direttrice: Stefania Piazzo
La Nuova Padania, quotidiano online del Nord.
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