di Raffaele Piccoli – Il governatore Bonaccini come noto, è stato eletto al parlamento europeo e dovrà rassegnare le dimissioni dalla carica che attualmente ricopre in Regione. I tempi per questo passaggio sono inevitabilmente stretti in quanto il tutto deve essere formalizzato prima della riunione del parlamento europeo che avverrà a metà luglio. Nel contempo però, è stata pubblicata in data 26 giugno la legge n. 86 sull’autonomia differenziata.
La sinistra ha invitato i 5 governatori delle regioni da lei amministrate (Campania, Puglia, Sardegna, Toscana e appunto Emilia-Romagna) a provvedere al rapido inoltro, alla corte di cassazione, del quesito referendario (ex. articolo 75 della costituzione). Bonaccini leader PD, ha ritardato le dimissioni da governatore, in quanto se le avesse date prima dell’inoltro del quesito la richiesta di referendum sarebbe rimasta priva della quinta regione. Il consiglio regionale infatti, in caso di dimissioni del governatore resta in carica per la sola ordinaria amministrazione.
Va ricordato che nel 2018, l’Emilia-Romagna aveva votato all’unanimità la richiesta al governo Gentiloni di autonomia differenziata, (preaccordi) per le 9 materie non sottoposte a Lep, questo dietro stimolo dello stesso governatore, in quel tempo in scadenza di mandato verosimilmente timoroso di non vedersi riconfermato.
La Regione è la seconda contribuente (dopo la Lombardia) per residuo fiscale, averla posta in una condizione di rottura rispetto agli interessi condivisi a suo tempo con Veneto e Lombardia, la pone in una situazione di sicura inferiorità futura, oltre a spezzare la necessaria collaborazione con le altre regioni padane confinanti, a tutto vantaggio di realtà meridionali.
Mentre è chiarissimo l’interesse di Puglia e Campania, lo è meno quello della Sardegna (già a statuto speciale) ancor meno quello della Toscana e del tutto inesistente quello dell’Emilia Romagna.
E’ evidente nel quadro generale dell’autonomia differenziata l’influsso negativo del massimalismo politico assunto dal PD con la segreteria Schlein, è altresì evidente il tentativo di usare la questione per tentare di unire il “campo largo” incrementando il consenso meridionale a sostegno di Conte e del M5S in crisi profonda.
Bonaccini che è presidente del PD oltre che governatore della prima Regione che ha chiesto il referendum, più volte interrogato circa questo strano comportamento politico si è difeso in maniera quanto meno singolare. Ha confermato la sua indiscussa fede autonomista, ma anche la strenua difesa della Costituzione. Qualcuno allora dovrebbe fargli presente che la Carta prevede all’art. 116 terzo comma forme particolari di autonomia che questa legge cerca di organizzare.
Questi sono i fatti, resta il dubbio che si sia voluto privilegiare l’interesse di partito rispetto a quello regionale, di sicuro questo comportamento non è sfuggito agli elettori chiamati a breve a scegliere una nuova amministrazione per l’Emilia-Romagna.