di Roberto Gremmo – Contro le autonomie del Nord scende in campo Bersani, che con veemenza si scaglia contro le pur timide riforme di vero decentramento della ministra Gelmini.
Questo ostracismo che paventa il rischio, a suo dire, di uno “Stato Arlecchino” toglie la maschera ad un esponente politico di stretta scuola togliattiana, maestra di doppiezza. L’esponente ex Pci si proclama, a parole, “autonomista e regionalista” ma poi sostiene i privilegi meridionali e nega le legittime istanze delle Regioni che tirano la carretta per tutti.
Io non ho mai condiviso l’entusiasmo regionalista di un personaggio caro a Bersani come il togliattiano Guido Fanti che negli anni Settanta si faceva vessillifero della Padania non per vera vocazione federalista ma solo perché in Emilia Romagna l’egemonia del PCI veniva vista come un primo passo verso la conquista del potere, impossibile su scala nazionale per il predominio della DC ma a portata di mano, almeno, in un pezzettino d’Italia. Il suo cuore rosa, moderato ed affarista.
Oggi continuo a pensare che tutti quanti possano cianciare di federalismo ma, come dimostra il caso Bersani, al dunque molti parlatori di democrazia si rivelano i più forti difensori del centralismo.
I nodi al pettine sono la scuola regionale con insegnanti del posto; una quota sostanziale delle tasse rimaste sul posto; la cacciata di ‘Ndranghetisti incalliti dalle nostre terre e nuovi passi per le collaborazioni interfrontaliere fra regioni cisalpine e quelle confinanti oltre frontiere.
Il resto e’ aria fritta, per federalisti de noartri. Come i nipotini di Togliatti.