di Sergio Bianchini – Dato che a Roma stanno celebrando Enrico Berlinguer, con la sinistra che lo ama a prescindere e la destra che lo sminuisce ma senza chiarire l’essenza del suo operato, cerco di dare la mia interpretazione della sua vicenda politica.
La via italiana al socialismo, inventata da Togliatti in pieno accordo con la famosa e storica determinazione del 7° congresso dell’Internazionale Comunista del 1937 è stata il tormento di Berlinguer.
Berlinguer mantenne, nei suoi 12 anni di premierato del PCI dal 1972 al 1984. l’alleanza storica del secondo partito italiano con l’Unione Sovietica. In questa alleanza condivise la serietà e la concretezza, la dedizione dei vertici e della base del PCI alla costruzione di un nuovo mondo delineato con chiarezza dalla cultura socialista. Niente guerre, niente concorrenze nazionaliste, niente potere ai super ricchi.
Ma dopo il golpe fascista in Cile del 1973 elaborò la teoria del Compromesso storico aprendo ad una alleanza di governo con la sempre combattuta e disprezzata DC. Nel 1976 ribadì sia l’alleanza con l’URSS ma con maggiori spazi di autonomia, sia la non ostilità alla NATO.
Forse sperava veramente in un possibile governo democristiano, comunista e socialista in Italia non schierato troppo a livello mondiale.
All’inizio del 1978 venne programmato per il mese di maggio un viaggio di Berlinguer negli Stati Uniti che non avrebbe avuto luogo. Il 5 gennaio, incontrò Aldo Moro. Il 26 gennaio il Comitato centrale del partito sottolineò l’esigenza di una partecipazione diretta del PCI al governo del Paese, posizione ribadita da Berlinguer nei successivi incontri per la formazione del governo. In un successivo colloquio tra i due segretari, svoltosi il 16 febbraio, Moro affermò che avrebbe sostenuto presso i gruppi parlamentari democristiani la necessità dell’ingresso a pieno titolo del PCI nella maggioranza governativa. Le trattative furono tuttavia vanificate dagli eventi successivi. Il 16 marzo 1978 fu attuato il rapimento di Moro che demolì definitivamente l’ipotesi cattocomunista.
Berlinguer non credeva, come quasi tutti allora, che lo scontro USA URSS della guerra fredda potesse finire, cosa che avvenne solo 7 anni dopo la sua morte. E non riusciva più a conciliare le due fedeltà.
Anche le cause della evidente stagnazione sovietica non apparivano chiaramente così come l’andamento della situazione economica e politica mondiale.
Berlinguer oltre alle difficoltà dell’URSS vedeva nettamente i limiti dell’occidente e delI’Italia, con governi eternamente deboli e instabili incapaci di grandi progetti.
Disse che non credeva nella possibilità di governare in Italia con il solo 51% dei voti. Questa affermazione di supporto all’idea del compromesso storico, mi colpì molto e voglio citarla pienamente anche se nessuno oggi la ricorda perché ormai in Italia si va in senso contrario con governi che a malapena sono sostenuti da un consenso popolare intorno al 25% visto il 50% che non vota più. Governi che non riescono a conciliare la proporzionalità nel voto con la governabilità.
In un articolo pubblicato il 12 ottobre1973 dopo il golpe cileno del settembre, si legge(wikipedia):
“Sarebbe del tutto illusorio pensare che, anche se i partiti e le forze di sinistra riuscissero a raggiungere il 51 per cento dei voti e della rappresentanza parlamentare […] , questo fatto garantirebbe la sopravvivenza e l’opera di un governo che fosse l’espressione di tale 51 per cento. Ecco perché noi parliamo non di una “alternativa di sinistra” ma di una “alternativa democratica”, e cioè della prospettiva politica di una collaborazione e di una intesa delle forze popolari d’ispirazione comunista e socialista con le forze popolari di ispirazione cattolica,…..”.
Quindi sosteneva la necessità per il buongoverno di unanimismi” semi bulgari” dato che l’alleanza prevista tra democristiani socialisti e comunisti avrebbe visto una percentuale di voti teorica tra il 70 e l’80 per cento dei voti. Maggioranza da noi oggi impensabile e perfino (purtroppo) malvista come indice di un regime autoritario. Anche se tutti lamentano la rissosità e la gratuità della lotta politica esacerbata e permanente che oscura un vero e serio confronto e collaborazione per il buon governo della nazione.
Quindi Berlinguer ha cercato invano di conciliare gli opposti, cosa consueta e tipica dell’Italia nazione ma che ha radici profondissime, a ben vedere, proprio nella storia della penisola e grandemente nella chiesa cattolica originaria della terra santa ma anche egemone nell’occidente barbaro per quasi 1000 anni. Chiesa cattolica maestra anche nel definire la mediazione tra l’umano e il divino come unica via di salvezza.
Anche nella politica più recente abbiamo visto la capa del governo Meloni partecipare al G7 e definire la Cina come avversario ma poi andare in Cina e fare i più grandi progetti concreti di collaborazione industriale.
Ancora una volta debbo riconoscere che la coerenza non è adatta al popolo italiano anche se la doppiezza oltre certi limiti implica estenuanti tensioni permanenti e non elimina i rischi delle catastrofi.