Autonomia scolastica: Ministro Azzolina, persino Gramsci voleva “una scuola libera e dei Comuni”. Poi ci spieghi lo scandalo dei voti più alti alla maturità al Sud e i test Invalsi che dicono l’opposto

3 Dicembre 2020
Lettura 2 min

di Stefania Piazzo – Persino Antonio Gramsci detestava la scuola centralista o centralizzata. Il ministro Azzolina lo ricorda?

Provvediamo a ripassare: “LA SCUOLA. «Noi socialisti dobbiamo essere propugnatori della scuola libera, della scuola lasciata all’iniziativa privata e ai Comuni. La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola è indipendente del controllo dello Stato. (…) Noi dobbiamo farci propugnatori della scuola libera e conquistarci la libertà di creare la nostra scuola. I cattolici faranno altrettanto dove sono in maggioranza; chi avrà più filo tesserà più tela» (da Il grido del popolo).

Non c’è che dire… Anche il governatore Zaia, tra i primi a replicare, non ci sta: “Lo giudico un grande contributo da un politico che proviene da una regione, la Sicilia, che ha uno Statuto addirittura precostituzionale”. “E’ difficile – ha aggiunto Zaia – sentire dire un siciliano che l’autonomia è tutta sbagliata. Interessante”.

Peccato perché c’è un Nord e un Sud. Su questo il ministro non ha torto. Ma ridurre le diseguaglianze non è mettere tutti sullo stesso livello e penalizzare chi ha saputo fare.

Vogliamo tirar fuori dal cilindro la vicenda sanitaria calabrese? Anche no. Le dinamiche le ha capite anche un bambino.

Un po’ meno chiare magari sono le pagelle del Sud e i test Invalsi, dato che dai test emerge un certo paese duale, poi però i voti agli esami di Stato ribaltano la situazione. Manica larga o exploit di geni incompresi, che si presentano però ai concorsi con voti più competitivi rispetto al Nord? Come la mettiamo, ministro Azzolina, con l’autonomia… di giudizio? Scuola del Sud eccellente a luglio, scadente il resto dell’anno?

Come la sanità, anche la scuola dovrebbe garantire livelli essenziali di assistenza, di educazione. Ma questo non accade. Facciamo una breve rassegna stampa che fotografa i solchi culturali ancora esistenti da Nord a Sud nella pubblica istruzione. Anche senza il Covid.

Perché i test invalsi dimostrano il gap culturale. Dal Corriere della Sera, a firma di Roger Abravanel, 4 agosto 2017.

“Il ministero della Pubblica istruzione (Miur) ha appena comunicato gli esiti della maturità di quest’anno e la notizia riportata dai quotidiani è che sono aumentati i cento e lode in tutto il Paese. L’aumento non è enorme, mediamente il 5 per cento. Ma era l’unica novità da segnalare perché l’ennesimo straripante successo delle scuole del Sud che hanno molti più 100 e lode di quelle del Nord non fa più notizia, dato che sono otto anni che lo segnaliamo dalle pagine del Corriere. Semmai, quest’anno ci sono un po’ più di dati pubblici per documentare meglio lo scandalo. La Puglia è il campione nazionale della maturità con 944 cento e lode, un po’ meno di tre volte dei 337 della Lombardia, ma se si tiene conto del numero degli studenti il gap sale a 5 volte. In Puglia 26 studenti su mille hanno avuto la lode contro i 5 in Lombardia.

Ma l’analisi delle prove Invalsi di italiano del 2016 sulla seconda superiore (studenti lontani tre anni dalla maturità, ma un riferimento valido) dimostra che le scuole pugliesi sono decisamente peggiori di quelle lombarde: 54 per cento di risposte esatte in Puglia contro 64 in Lombardia e punteggio complessivo di 193 contro 213. Anche nel resto del Paese, il successo delle scuole del Centro-Sud non è giustificabile. La Campania ha avuto 12 studenti su 1.000 con 100 e lode. Il Lazio 10. La Calabria 20. Mentre nelle regioni del Nord, oltre ai 5 su mille della Lombardia, sono stati 8 su mille in Veneto e Piemonte. Questi voti sono esattamente invertiti rispetto ai risultati Invalsi, che per il resto delle regioni del centro-sud sono molto inferiori a quelli del nord”.

Dati Ocse 5 ottobre 2017 Titolo Ansa: Ocse: pochi laureati e bistrattati. Performance studenti del Sud indietro di un anno

Allora, concludiamo interrogando la dotta politica che governa, alternandosi, la pubblica istruzione. Chi ce lo spiega questo distanziamento culturale che genera studenti di primo e di secondo livello? E’ colpa delle Regioni? Della classe insegnante? Non passano tutti per lo stesso concorso pubblico? Il ministro, interrogato, risponderà?

IL GIORNALE

Direttrice: Stefania Piazzo
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