Caso camici, Fontana prosciolto. La difesa, “Davigo avrebbe detto: Te la sei cavata per il rotto della cuffia”

14 Maggio 2022
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“Meno male che non c’è Davigo, altrimenti avrebbe detto ‘sei colpevole, ma te la sei cavata’”. Lo ha detto uno dei difensori di Attilio Fontana nel cosiddetto “caso camici“, Jacopo Pensa, citando l’ex magistrato Piercamillo Davigo. “C’è stata una manifestazione di giurisdizione come raramente avviene in fase di udienza preliminare” ha aggiunto l’avvocato del pool di difensori che ha portato al proscioglimento del presidente della Regione Lombardia da parte del Gup. 

Il presidente lombardo Attilio Fontana per ora si vuole godere il sollievo del proscioglimento definitivo dal caso camici, e sebbene non scopra le carte circa una sua eventuale ricandidatura, incassa con soddisfazione l’endorsement del ministro allo Sviluppo economico e compagno di partito Giancarlo Giorgetti. “Da un amico fa sempre piacere”, precisa il governatore, il quale resta comunque allacciato circa un’eventuale secondo mandato. “Sicuramente il proscioglimento mi dà molta più serenità, cosa emotivamente importante”, sottolinea. D’altronde, “sapere di avere un procedimento in corso per chi è stato sempre rispettoso della legge, non fa piacere”. 

Tutti prosciolti “perchè il fatto non sussiste”. E’ infatti questa la decisione che il gup Chiara Valori ha preso al termine dell’udienza preliminare a carico del governatore lombardo Attilio Fontana, del cognato Andrea Dini, titolare della Dama Spa, nota azienda tessile che produce anche il marchio Paul&Shark, per il ‘caso camici‘. Con loro sono stati prosciolti anche Filippo Bongiovanni, ex dg di Aria Spa, la centrale acquisti di Regione Lombardia, la dirigente della società Carmen Schweigl e Pier Attilio Superti, vice segretario generale di Regione Lombardia. Al centro dell’inchiesta c’era l’affidamento – nell’aprile del 2020- da parte della Regione Lombardia di una fornitura da 75mila camici e 7mila Dpi a Dama Spa – l’azienda del cognato di Fontana di cui la moglie Roberta ha una quota del 10% – per 513mila euro. Fornitura poi trasformata in una donazione di 50mila camici, dopo che la notizia era diventata di dominio pubblico. I giornalisti della trasmissioni dei Rai3 ‘Report’,

infatti, avevano raccontato della fornitura, evidenziando il possibile conflitto di interesse da parte di Fontana. A quel punto, per il pm Paolo Filippini e Carlo Scalas, ci sarebbe stato il tentativo di far figurare un “contratto simulato” per 50mila camici. Dini, infatti, non ha mai consegnato i restati 25mila pezzi pattuiti, che aveva cercato di vendere a strutture di cura private. E proprio per questo i pm Filippini e Scalas avevano ipotizzato per Fontana e gli altri imputati il reato di frode in pubbliche forniture. Accusa che però non ha retto davanti al gup. Per compensare il mancato guadagno, inoltre, Fontana aveva predisposto a favore del cognato un bonifico da 250mila euro da un suo conto all’Ubs di Lugano dal quale nel 2015 aveva scudato 5,3 milioni di euro.

Operazione però che era stata bloccata ed era finita sotta la lente della Uif di Banca d’Italia, dando il via ad un ulteriore filone di indagine. Il nome di Fontana era stato iscritto nel registro degli indagati anche per autoriciclaggio, ma questo capitolo dell’inchiesta è stato archiviato nel febbraio scorso su istanza della stessa Procura. Dopo la notizia del proscioglimento, Fontana si è detto “felice e commosso”.

“Felice – ha aggiunto – innanzitutto per aver tolto un peso enorme ai miei figli e a mia moglie. E poi i lombardi, tutti quei lombardi, e sono moltissimi, che mi hanno sempre sostenuto. Condivido con loro la soddisfazione di vedere riconosciuta la mia onestà e la mia volontà di agire sempre, solo e comunque per il bene dei miei cittadini”. “Era palese la buonafede di tutti, compreso di Dini che ha ammesso di aver interrotto la fornitura. Il presidente non ha commesso nessun reato”, è il commento dei suoi difensori, gli avvocati Jacopo Pensa e Federico Papa, che ha ribadito come Fontana sia stato “screditato in un momento tragico per la Lombardia”.“Sono molto soddisfatto per il provvedimento, perché rende finalmente giustizia al dottor Dini e certifica che egli ha agito sempre animato dalle migliori intenzioni e unicamente con il proposito di dare una mano alla Regione Lombardia, in un momento di estrema difficoltà. Non avevo alcun dubbio che un attento esame della vicenda avrebbe consentito di riconoscere la correttezza dell’operato del Dottor Dini”, dice invece l’avvocato Giuseppe Iannacone, difensore del cognato di Fontana.Il cambio di contratto per i camici “non è stato un errore, l’errore è stato aver iniziato un’indagine per una donazione. Le buone azioni di tutti vanno premiate, non portate in Tribunale”, ha chiosato l’avvocato Domenico Aiello, legale dell’ex dg di Aria Bongiovanni. 

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