Caritas Milano, 9mila poveri in più per Covid

28 Ottobre 2020
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Tra il 25 marzo e il 31 luglio 2020 si sono presentati in 84 centri di ascolto della CARITAS Ambrosiana 1.774 persone che hanno visto drammaticamente peggiorare la loro condizione a causa delle misure contenimento del virus. Da qui, proiettando questo numero sul totale dei centri di ascolto (390) è possibile stimare che siano poco meno di 9mila (8.870) le vittime collaterali del lockdown che devono ricorrere alla rete di assistenza della CARITAS.

Sono quasi 9.000 gli impoveriti da Covid che si sono rivolti ai centri di ascolto della CARITAS Ambrosiana nella diocesi di Milano nei tre mesi del lockdown. Sono per lo piu’ donne, immigrati, hanno un’eta’ compresa tra i 35 e i 54 anni, una bassa scolarita’: il 50% e’ disoccupato, ma il 34% non lo e’.

Tra gli utenti dei centri di ascolto ce ne sono molti che appartengono a una nazionalità precisa, quella filippina: immigrati storicamente presenti soprattutto in città e ben integrati nei tre mesi del lockdown sono arrivati a rappresentare il 17,2%, il primo gruppo etnico, mentre nel 2019 erano solo l’1% degli immigrati assistiti dai centri di ascolto. Nei tre mesi del lockdown, il sistema di welfare della CARITAS Ambrosiana ha distribuito pasti a domicilio a 18.092 persone, dispositivi sanitari e igienizzanti a 5.564 famiglie, ha offerto supporto psicologico a 359 soggetti deboli, assistenza per la didattica a distanza a 359 alunni e studenti, ha rifornito di pc e strumenti informatici 98 doposcuola parrocchiali.

Sono quasi 9mila gli impoveriti dall’emergenza Covid19 che si sono rivolti ai centri di ascolto della CARITAS Ambrosiana nelle diocesi di Milano nei tre mesi del lockdown. Le donne sono il 59,3%, gli immigrati il 61,7%. La fascia di età maggiormente rappresentata è quella tra i 35 e i 54 anni (58,4%). La maggioranza (55%) è costituita da coniugati, da persone con bassa scolarità (62,9%).

I disoccupati rappresentano il 50%, gli occupati il 34%. A pagare il prezzo più alto del lockdown, secondo il rapporto della CARITAS sulla povertà nella diocesi, sono stati i più poveri: quasi una persona su due (il 42,3%) tra le persone che sono ricorse ai centri di ascolto nei tre mesi della quarantena ha sofferto le conseguenze del blocco delle attività economiche. I lavoratori più colpiti sono stati quelli impiegati nei settori della ristorazione (lavapiatti, camerieri), ospitalità (custodi, cameriera ai piani) e della cura alla persona (colf e badanti). Un terzo di loro non è stato in grado di assolvere alle necessità familiari più elementari, dalla spesa alimentare al pagamento di bollette e affitti, anche se ha avuto diritto alla cassa integrazione.

“Gli ammortizzatori sociali si sono rivelati strumenti troppo deboli e inefficienti. Le indennità sono arrivate troppo tardi e sono state comunque troppo modeste per il costo della vita specie a Milano. In vista di nuove chiusure che si profilano per contenere la nuova ondata di contagi andrà tenuto presente. Se non vogliamo che la crisi sociale esploda in maniera conflittuale dovremo rivedere il sistema di aiuti”, osserva Luciano Gualzetti, direttore della CARITAS Ambrosiana. 

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