I 17 milioni di visoni da sterminare. Tanto, dovevano morire. Fino a quando sfideremo da stolti la natura?

8 Novembre 2020
Lettura 2 min

di Lepre marzolina di novembre – Gli stolti, quelli che guardano il dito e sono pure convinti di essere acuti osservatori, non hanno dubbi quando affermano che “tanto erano allevati per essere uccisi comunque”.

17 milioni di visoni, in un paese come la Danimarca che nel 2018 contava 5.770.723 abitanti, è un numero impressionante. Stipati nelle loro gabbiette, condannati ad una vita orribile devono essere asfissiati con la CO2 in due settimane.

La loro nuova colpa è quella di aver sviluppato una variante del virus SARS CoV 2 che potrebbe pregiudicare l’efficacia del vaccino in via di preparazione.

Restano ignote le modalità di diffusione da un allevamento all’altro, come pure le modalità di contagio delle 200 persone ad oggi ammalate.

Le grandi, comprensibili preoccupazioni del governo danese hanno fatto emettere la sentenza di morte (annunciata in ogni caso) delle creature con la morbida pelliccia che tanto piace agli umani, magari non agli stessi che guardano il dito ma comunque stolti.

La Danimarca è il maggior produttore mondiale di pelli di visone. Tra due settimane non lo sarà più almeno per due anni perché non sarà consentito allevarli.

Oltre agli orrori di tutte le mattanze – in questo caso  con il gas –  aggravate dalla fretta che la renderà più dolorosa per gli animali e più pericolosa per gli umani sterminatori, oltre ai costi, aumentati anche dalla distruzione dei cadaverini, tutti elementi che dovrebbero essere già abbastanza per farsi qualche domanda, non è forse arrivato il momento di fare una riflessione sulla inopportunità e insostenibilità sull’ allevamento intensivo e sulle sue conseguenze?

Ma dopo tutti questi mesi di pandemia e di conseguenze su tutti gli abitanti della Terra, gli stolti ancora non riescono a fare i collegamenti: si preferisce ignorare la compassione e chiudere occhi e orecchi al dolore, trionfi e compiaciuti nella sciagurata volontà di mantenere separato da noi il mondo animale.

Neppure i mesi trascorsi chiusi in casa, limitati nella libertà di movimento e di relazione, gli stolti hanno fatto il collegamento, hanno acquisito la consapevolezza di quanto sia intollerabile per tutti gli animali vivere in gabbia con il pensiero costante di una morte imminente.

Continuiamo a voler pensare che le azioni dell’uomo siano scevre di conseguenze: del resto lo stolto non indossa la mascherina e si limita a maneggiare impropriamente il telefono, che è spesso molto più smart del proprietario.

Sarebbe, forse,  di poco conto se gli stolti fossero solo impegnati alla tastiera per sbraitare sui social.

Il dramma, quello dei 17 milioni di visoni e di tutti gli animali in ogni allevamento intensivo – dove tutto, dai virus alla sofferenza viene amplificato proprio perché intensivo – è che gli stolti sono anche coloro che dovrebbero fare scelte economiche, di tutela della salute e di prevenzione.

Scelte coraggiose e non procrastinabili. Ma le scelte ecologiche devono iniziare nel singolo, in ognuno di noi. Un’ecologia dell’anima prima di tutto. Leggere, studiare e riflettere, fare i collegamenti. Per vivere e non sopravvivere alla pandemia attuale e quella successiva. 

Chi sei? Vieni da molto lontano? E cosa vai cercando qui? Sì, puoi entrare, sei il benvenuto- e benvenuti voi, scarafaggi, granchi, orsi polari, elefanti. Farò posto per voi nella mia intelligenza, perché avete già trovato la via che porta alla mia anima attraverso i sogni. Volgerò verso di voi la mia intelligenza e vi concederò il rispetto dei miei pensieri più profondi.”  Animali del sogno –  James Hillman

Photo by Jo-Anne McArthur 

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