La guerra in Ucraina giunge al novantesimo giorno. Esattamente tre mesi fa, alle quattro del mattino del 24 febbraio, le truppe del Cremlino invadevano il paese confinante alla ricerca di una vittoria che gli strateghi di Putin avevano previsto veloce e con un relativamente basso numero di perdite. Le cose, come si è visto, sono andate in maniera del tutto diversa e oggi i russi – stando tanto allo stato maggiore ucraino che agli analisti internazionali, tra i quali quelli dell’intelligence britannica – hanno già perso più uomini di quanto gli sia costata l’intera guerra in Afghanistan, durata una decina d’anni. Per quanto riguarda la nazione aggredita, il bilancio in termini di vite umane è, per forza di cose, incerto.
Le vittime civili ufficialmente registrate, stando all’Ufficio dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, non sarebbero che una piccola parte di quelle che quasi certamente quando tutto sarà finito. Al 10 maggio, i cittadini del paese aggredito vittime del conflitto secondo la documentazione dell’HRMMU erano 5.264, di cui 2.345 morti e 2.919 feriti. Ma una stima prudente, e decisamente più realistica, parla di almeno trentamila morti. Ma la guerra continua e continua anche a sconvolgere la demografia del Paese: più di otto milioni di ucraini sono sfollati all’interno del loro Paese, secondo l’Ufficio dell’Alto Commissario per i Rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR). Allo stesso tempo, più di 6,5 milioni sono fuggiti all’estero, dei quali più della metà – 3,4 milioni – in Polonia.