di Stefania Piazzo – Siamo a fine ottobre 2018. Al governo c’è la coalizione gialloverde. E la Russia fa sapere di non avere “remore di carattere politico sull’acquisto dei titoli di Stato italiani”. Lo dichiara il presidente russo Vladimir Putin, replicando alle dichiarazioni del premier italiano Giuseppe Conte, secondo cui il fondo sovrano russo “farebbe un affare” se decidesse di comprare i Btp. “Sappiamo che l’economia italiana ha basi molto solide e ci fidiamo del governo italiano”, aggiunge il numero uno del Cremlino.
Europa debole, si vede. I sovranismi fanno gioco sia agli Usa che alla Russia. Scompigliano, sparigliano. E così, anziché spingere su un’Europa federale dei popoli, ci sorbiamo la politica di un ritorno agli stati nazionali che rivendicano una identità, ben diversa da quella ottocentesca che voleva affermare delle identità. Questa identità invece rialza i muri, è figlia della paura, della caduta del muro dei partiti tradizionali incapaci di dare risposte alle emergenze. Cosa può fare la Russia in questo parapiglia? Può alzare la posta dicendo a Bruxelles che il debito italiano se lo potrebbe comperare lei. Di certo questo non abbasserà lo spread e non farà aumentare i crediti a famiglie e imprese.
In apertura un fotogramma che ritrae Salvini con una t-shirt che raffigura Putin in Parlamento europeo, durante l’intervento del presidente Mattarella, il 25 novembre 2015
Però rimette in gioco la guerra fredda finanziaria, che è la sola guerra che può far cadere gli stati. Togliatti avrebbe voluto che l’Italia passasse oltrecortina. La cosa non gli riuscì. Lo sancì il voto, lo sancì anche l’esistenza di una classe politica che aveva ben in testa il concetto di democrazia. Certo, siamo anche anni luce lontano dal patto Molotov-Ribbentrop, qui non si tratta di siglare un accordo di non aggressione bellica. Di certo di simile c’è lo scambio di informazioni su questioni comuni. O meglio, per questioni che stanno per ridisegnare i confini politici dell’Europa.