di Luigi Basso – In questi giorni due notizie molto diverse tra loro, che giungono da due parti diverse dello Stivale, si intrecciano indissolubilmente e illuminano l’ipocrisia insopportabile che avvolge la nostra epoca.
I Maneskin sono finiti al centro di un vero e proprio caso internazionale per l’interpretazione del gesto del frontman della rock band come se stesse sniffando.
Apriti cielo.
Per giorni sul caso si sono agitati giornali, commentatori, analisti, televisioni, politici di tutta Europa, insomma il solito il circo del Political Correct, dei benpensanti, tutto e di più si è messo in moto per stigmatizzare il nulla.
Ed è nulla se lo si paragona agli scandali sollevati dalle Rock Band dagli anni ’60 in poi (chissà Sid Vicious come se la ride da lassù a vedere i moralisti di oggi scandalizzarsi per una finta pippata in TV).
Addirittura il comico genovese Luce Bizzarri, Presidente della Fondazione Palazzo Ducale, è finito al centro di una querelle politica per aver espresso solidarietà al cantante (che la politica si sia lanciata sul caso non stupisce, visto che politica e spettacolo sono ormai la stessa cosa e comici e politici sono chiaramente diventati colleghi concorrenti).
Certamente menando scandalo per i Maneskin si fa finta di essere contro la droga senza combattere davvero il fenomeno, senza dare noia ai cartelli del traffico: tanto perbenismo è alquanto ridicolo se si pensa che viviamo in una società in cui le acque reflue delle grandi città sono zeppe di residui di droghe usate a tonnellate da tutti gli strati della società, soprattutto da quelli dove sono più numerosi i benpensanti col mignolo in su e la bocca a cul de poul che si indignano per Damiano sui social e la sera si infarinano le narici.
Nelle stesse ore in cui le pagine dei giornali erano tutte occupate dallo scandalo Maneskin, passava in sordina la notizia del medico dell’Agro Pontino che veniva arrestato per aver prescritto a centinaia di braccianti extracomunitari di origine indiana potenti antidolorifici non per motivi terapeutici, ma per aumentarne la resistenza al dolore ed alla fatica durante i turni di sfruttamento nei campi agricoli del Lazio, turni da 16 ore al giorno portati avanti per mesi ininterrottamente.
Il doping degli schiavi in Italia è prassi nota da tempo: da anni nel Lazio ed in altre parti del Bel Paese si scoprono vagonate di oppio ed altre droghe usate sugli schiavi stranieri per far loro sopportare il dolore dei turni massacranti di lavoro.
Qui però il circo dei benpensanti sparisce e la notizia va in ventesima pagina.
Nel caso dei Sikh e degli schiavi usati in Italia a migliaia per tenere in piedi intere filiere del rinomato Made in Italy agroalimentare e ampi settori dell’edilizia, l’uso di droghe è sdoganato e ammesso, non scandalizza, anzi è prescritto con tanto di ricetta medica.
Questa è l’Italietta bigotta del 2021.
Photo by Liv Hema