Perché guadagniamo meno di 30 anni fa? Breve storia della distruzione del salario in Italia: da Craxi a Fornero

13 Novembre 2021
Lettura 1 min

di Luigi Basso – Qualche giorno fa Openpolis ha pubblicato uno studio che dimostra che in Italia, unico caso nella UE, i lavoratori guadagnano meno rispetto a 30 anni.
Chiunque abbia almeno 40 anni di età sa empiricamente che è così, senza bisogno di guardare le tabelline: nel 1960 una casa costava l’equivalente di 2 o tre anni di salario netto di un impiegato di livello B o C, medio o basso, oggi una casa costa l’equivalente di 20/25 anni di salario.
A ciò va aggiunto come effetto moltiplicatore del disastro l’aspetto previdenziale: col sistema di calcolo retributivo, chi prende stipendi bassi, prenderà pensioni ancora più basse.
Quale dinamica sta alla base di questo gigantesco impoverimento di intere classi sociali ed intere generazioni?
Politicamente la risposta è semplice: il mix tra una popolazione di imbecilli e una classe dirigente sindacale e della sinistra che ha tradito gli interessi dei lavoratori.
Tecnicamente il risultato è stato ottenuto soprattutto abbattendo la scala mobile: iniziò Craxi nel 1984 con il congelamento dei tre punti di contingenza.


Berlinguer, ultimo politico non traditore della sinistra, perse il referendum e questo fu letale e certificò che il popolo italiano è gonzo e merita solo frustate sulla schiena come ai tempi dei Faraoni.
Poi il trio Ciampi, Trentin e D’Antoni concluse nel 1993 la demolizione del sistema che agganciava i salari al costo della vita, la scala mobile appunto, accusata in modo fraudolento dal coro del Sistema di essere la causa stessa dell’inflazione, cosa che è, appunto, falsa per definizione, poiché si confondono volutamente le cause con l’effetto per disorientare.


Contemporaneamente la politica migratoria ha inserito enormi masse di lavoratori a bassissimo costo, con un ulteriore effetto “pressa” sui salari.
L’Italia ha in altre parole scelto di entrare nell’economia globale facendone pagare il costo ai lavoratori, credendo di rimanere concorrenziale abbassando i salari, invece di puntare su specializzazione, istruzione, qualità ed innovazione.
Non a caso il tanto decantato Made in Italy è ormai praticamente ridotto al settore agro alimentare.


Chi si lamenta di un giovane che non vuole fare il cameriere a 1.000 euro al mese, dimostra nel migliore dei casi di vivere su Marte.
Infatti, per quale ragione si lavora?

  1. Per far arricchire il datore di lavoro.
  2. Per diventare nobili, poiché il lavoro nobilita l’uomo.
  3. Per la grandezza della Patria Italia.
  4. Per assicurare un futuro a se stessi e mettere su famiglia.
    Ora, chi lavora per i primi tre motivi può certamente essere contento di mille euro al mese.
    Chi lavora per il quarto motivo, no.

IL GIORNALE

Direttrice: Stefania Piazzo
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