Non solo Corriere 1 – Reddito cittadinanza, la profezia del prof. Cerea nel 2019: Nord discriminato su sussidi e pensioni

9 Ottobre 2020
Lettura 3 min

di Stefania Piazzo – Mano a mano che si cerca di capire a fondo l’invenzione del welfare del terzo millennio, prendono maggiore forma i contorni fallimentari del reddito di cittadinanza. La sensazione che si trattasse di un provvedimento che non avrebbe portato sviluppo e più posti di lavoro lo dichiarò anche un illustre economista come Gianfranco Cerea. Che scriveva: “Il reddito di cittadinanza prevede importi uniformi in tutta Italia. Ma la soglia di povertà assoluta varia da Nord a Sud. Il beneficio avrà dunque effetti diversi nei diversi territori. Una soluzione è differenziare almeno l’integrazione per l’affitto”.

Giusto ieri il Corriere della Sera in una inchiesta di Federico Fubini, (https://www.lanuovapadania.it/politica/bravo-zaia-e-il-solo-a-rilanciare-linchiesta-del-corriere-sui-poveri-del-nord-esclusi-dal-reddito-di-cittadinanza) riportava all’attenzione la discriminazione messa in atto dai parametri per accedere al reddito di cittadinanza, che non tengono affatto conto del costo della vita, col risultato che solo il 20% dei poveri del Nord, dove la povertà ammette il Corriere, è in aumento, percepisce il sussidio.

Ma Cerea era stato profetico già nel febbraio del 2019.

Il professore ordinario nel Dipartimento di Economia e Management dell’Università degli studi di Trento, centrava la questione del diverso costo della vita. Un assegno uniforme in tutto il paese non tiene conto che al Nord il costo ad esempio di un affitto è difforme rispetto al mercato del Sud.

Come avviene con tutte le politiche sociali, anche il reddito di cittadinanza non sempre e non necessariamente riuscirà nei suoi intenti di conseguire gli obiettivi che si prefigge, soprattutto per quanto attiene l’avviamento verso il mercato del lavoro di soggetti in condizione di povertà: sarà sicuramente più facile farlo in contesti territoriali dove la disoccupazione è al 5 per cento rispetto a quelli dove supera il 20 per cento. Ma sarà anche del tutto normale che tra i beneficiari si annoverino falsi poveri e opportunisti”, scriveva su lavoce.info il primo febbraio del 2019 (https://www.lavoce.info/archives/57365/se-il-reddito-di-cittadinanza-non-fa-i-conti-con-il-territorio/).

E non faceva una piega. Perché dove la disoccupazione è al 40% non c’è lavoro. Potranno forse trovare una occupazione una decina di disoccupati, ma per gli altri il reddito sarà a vita e non ci saranno una, due né tre proposte consecutive a chiudere il cerchio.

Però ecco la questione di fondo, ed è la prima voce che si alza in questa direzione. “Segnalo un problema che sembra essere sfuggito al dibattito che ha preceduto e accompagnato il varo della proposta del reddito di cittadinanza. La misura prevede una integrazione del reddito che arriva fino a un massimo di 500 euro per una persona singola; la somma è poi incrementata per tener conto della natura e del numero degli altri componenti della famiglia. All’importo così calcolato vanno poi aggiunti 280 euro come contributo per l’affitto (un importo minore per il mutuo).
Un livello di intervento monetario, concepito come uniforme per tutto il paese, rischia però di produrre risultati ben diversi per quanto riguarda il contrasto della povertà assoluta in ambito territoriale“.

Antifona capita, ma per un governo nazionalista siamo tutti uguali. Ecco allora una tabella che ci apre gli occhi

Effetti sulla povertà assoluta

Per cogliere la natura del problema, nella tabella seguente sono riportati i valori della soglia di povertà assoluta in diversi territori, riferiti al caso della persona sola.

“Il confronto fra questi valori e l’importo di 780 euro, proposto per il reddito di cittadinanza, evidenzia che anche beneficiando per intero dell’aiuto monetario, i poveri che risiedono nelle aree metropolitane del Nord e del Centro, così come quelli dei grandi comuni del Nord, miglioreranno sì la loro condizione, ma non abbastanza per non essere ancora classificati come poveri assoluti. Per contro, chi risiede al Sud e nelle Isole, grazie al reddito di cittadinanza, supererà la soglia di povertà assoluta in modo generalizzato e per importi che possono sfiorare il 50 per cento in più.

Poiché al crescere del numero dei componenti il nucleo familiare, l’intervento del reddito di cittadinanza garantisce un livello che è via via sempre più lontano dalla soglia di povertà assoluta (per un nucleo di due adulti e due minori la soglia di povertà in area metropolitana del nord è di 1.680 euro mensili contro un massimo di 1.180 euro del reddito di cittadinanza), è evidente che al Nord e nel Centro Italia, la quasi totalità degli individui interessati dalla povertà assoluta continuerà a essere considerata tale. Al Sud e nelle Isole la povertà assoluta dovrebbe invece scomparire del tutto”.

Chi è povero al Nord resterà povero. La profezia del prof. Cerea si è avverata.
“Per porre rimedio all’incongruità si potrebbe diversificare territorialmente almeno l’integrazione per l’affitto, facendo riferimento ai dati dell’Istat o a quelli dell’Osservatorio immobiliare dell’Agenzia delle Entrate.
Un discorso del tutto analogo vale anche per l’integrazione delle pensioni, in cui minimo è stato portato a 780 euro mensili, per tutto il territorio nazionale”.

Persino le pensioni. Ma la voce del prof. Cerea è rimasta inascoltata.

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Direttrice: Stefania Piazzo
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