Misure drastiche “su base volontaria”. La malattia è fuori dalla Lombardia

19 Marzo 2020
Lettura 2 min

di Giuseppe Longhin – Decreto “cura Italia”: quando la cura è quasi peggio della malattia. Pubblicato il 17 marzo, finalmente, sulla Gazzetta Ufficiale il decreto “cura Italia”.

Basterebbe questo a comprendere che, se un decreto urgente ed eccezionale come questo impiega 10 giorni ad essere pubblicato, l’italica burocrazia debba essere necessariamente rivista. Settanta pagine senza nessuna particolare novità rispetto a quanto già comunicatoci più o meno ufficialmente giorni addietro.

Non commentiamo la proroga delle scadenze IVA e contributi dal 16 al 20 marzo o l’indennizzo di 600 euro/mese per i lavoratori autonomi, un insulto a chi ha un’azienda. Meglio non commentare nemmeno le norme di sicurezza che rimandano di fatto a “misure drastiche su base volontaria”, dimenticandosi della diffusa italianità.

Soffermiamoci piuttosto sulla seguente riflessione, già esternata dal sottoscritto 15 giorni fa: perché? Perché non si sono stanziati un mese fa i fondi necessari alla salvaguardia dello stato sociale? Perché non si sono previsti acquisti di mascherine e respiratori o aumento posti letto?

Possibile che quanto stava accadendo in Cina non abbia allarmato chi si erge a grande statista o economista? Mancanza di previsione di chi era ed è preposto a prevenire? Perché gli altri Stati europei hanno stanziato, da subito e senza arrivare al numero di contagiati italiani, 550 miliardi la Germania, 330 la Gran Bretagna, 300 e 200 Francia e Spagna?

I 25 miliardi del Governo presentati come “misura eccezionale” fanno tragicamente sorridere, dimostrano quanto miseri siamo, quanto impunemente ci hanno illuso di essere una potenza economica mondiale quando invece non abbiamo i denari per salvarci la vita ne fisicamente ne economicamente.

Badate bene, qui non si parla metaforicamente di questioni di vita o di morte…qui si muore e basta. Muoiono le persone e moriranno le aziende. Perché si è atteso che tutta Italia fosse considerata zona rossa per redigere un decreto che parlasse di ammortizzatori sociali? Non bastava la sola Lombardia con il suo numero di contagiati e il 30% del PIL italiano?

Perché, visto anche il miliardo di euro che la sanità Lombarda ha anticipato ed attende a saldo dei servizi dati ai residenti di altre regioni, non si è data libertà di azione e spesa ai lombardi? I perché sarebbero innumerevoli ma la risposta sarebbe sempre la stessa: siamo inquilini a casa nostra. Noi non decidiamo nulla, paghiamo la rata dell’amministratore, le spese eccezionali, ed è sempre il nostro turno di pulire la scala. Senza batter ciglio, se non durante le assemblee condominiali dove alziamo la voce, litighiamo tra noi e, alla fine, l’amministratore aumenta sempre la rata che noi paghiamo puntuali, anzi un giorno prima che non si sa mai…

I Lombardi devono convincersi di potersi amministrare da soli. Non per orgoglio, non per appartenenza ad un popolo, non perché sarebbe giusto poter gestire e spendere i nostri denari, ma semplicemente perché siamo Lombardi. Pragmatismo, correttezza, senso del dovere e voglia di fare sono nel DNA di chi ha avuto la fortuna di nascere in Lombardia e di chi ci vive e lavora da qualche anno. I nostri medici, non scappano, mettendosi in malattia, ma sono coraggiosamente in prima linea.

Noi avviamo la produzione di mascherine se ci arrivano errate. Tiriamo su un ospedale se ci mancano posti letto. Dovremmo imparare una cosa fondamentale: non litigare tra noi, perché la malattia è fuori dalla Lombardia.

Photo of Museum Victoria

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