Manovra, la delusione. Unimpresa: “Le tasse non scendono”. Confindustria: “Non c’è visione”

23 Novembre 2022
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È una legge di bilancio a tempo. Giustamente, hanno concentrato due terzi degli interventi sul caro-energia, ma solo sino al 31 marzo. Bisognerà capire cosa succederà dopo. Oggi la legge di bilancio è prudente sui saldi, lo apprezziamo. Ma il primo aprile cosa ci aspetta?”. Ha detto il Presidente di Confindustria Carlo Bonomi in un’intervista a La Stampa nella quale ha commentato la manovra presentata dal Governo Meloni.

Secondo il Presidente Bonomi sulla manovra pendono tre incognite: “la prima è il tempo, la sua durata, cose a cui nessuno sembra pensare. Poi c’è la politica: è evidente che sono state prese decisioni per accontentare le diverse anime della maggioranza, e questo viene prima delle vere urgenze del paese. La terza è la mancanza di visione. Sulla lotta alla povertà, come su occupabilità e produttività”. Poi, interrogato sul fatto che il testo presenti anche aspetti positivi, ha risposto: “Dipende. Se l’obiettivo, specialmente in una fase di rallentamento congiunturale, fosse lavorare sul Pil potenziale e la crescita del Paese, i provvedimenti dovrebbero puntare in questa direzione. Se invece l’approccio è tenere insieme le varie anime della maggioranza, prendere intanto micro-decisioni e spostare tutto avanti di tre mesi, è molto diverso. A noi imprenditori preme la prima scelta, non la seconda”.

Per quanto riguarda il capitolo energia, Bonomi ha detto: “Si, è importante, come chiedevamo. Certo ci sarebbe piaciuto più un intervento alla tedesca che il credito d’imposta sui costi energetici, ma va bene. Però sono fondi che finiscono a marzo. Se ad aprile puntano a nuove misure tutte in deficit, sarebbe meglio dirlo subito”. Tra gli aspetti positivi, il Presidente ha apprezzato che “si sia tenuta la barra dritta sulla finanza pubblica”, mentre sulla fine del Reddito di cittadinanza ha detto: “È un annuncio. Dicono che vogliono intervenire, però non evidenziano su quali politiche possano assicurare l’accesso al lavoro e la tutela sociale. Si daranno soldi ai centri pubblici per l’impiego che sono stati un fallimento? Avremo un sistema pubblico-privato? Si è preso tempo senza dire come intervenire per alzare l’occupabilità”.

Poi sull’intervento sul cuneo fiscale, il Presidente ha sottolineato come “non si fa un intervento decisivo. Il mini-taglio aggiuntivo vale 46 euro lordi in più al mese ai dipendenti con meno redditi. Poco più di nulla. Serviva un taglio energico. La politica non si è assunta la responsabilità di farlo e coprirlo, ma offre nuovi forfait alle partite Iva. I soldi ci sono. La spesa pubblica supera i mille miliardi, riallocare qualche miliardo necessario a un taglio contributivo significativo non è impossibile. Se si fosse voluto incidere, si sarebbero trovati i mezzi”.

Non diversa è la lettura che dà Unimpresa.

«Ci aspettavamo di più, molto di più sul fronte della riduzione delle tasse per le imprese. È stata fatta una scelta, legittima, da parte del governo che rispettiamo, ma non condividiamo. Questa legge di bilancio era l’occasione per avviare un processo di riforma fiscale in un’ottica di lungo periodo. Invece, ancora una volta, si è scelto di proseguire sulla strada di soluzioni non strutturali, che rendono l’impianto normativo del nostro sistema tributario ancora più complesso, quando invece servirebbe una semplificazione attraverso una feroce riduzione delle regole». Lo dichiara il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara. «Certamente sono importanti le misure adottate fin qui dal governo Meloni volte ad aiutare le imprese, e anche le famiglie, con l’aumento delle bollette energetiche» aggiunge Ferrara. Secondo i dati del Centro studi di Unimpresa, in Italia il peso delle tasse rispetto al prodotto interno lordo è passato dal 39% del 2005 al 42,9% del 2021: in 15 anni la pressione fiscale, misurata col rapporto tra le entrate complessive nelle casse dello Stato e il pil, ha compiuto una corsa al rialzo senza precedenti, con una crescita di quasi quattro punti in più. Il nostro Paese resta in cima alla classifica per il maggior carico di tasse, ma continua a essere uno di quelli in cui le prestazioni pubbliche offerte a cittadini e imprese (in termini di welfare e di servizi) è tra i meno generosi. Nel ranking dei paesi più tassatori, prima dell’Italia c’è la Danimarca col 46,5%, la Francia col 45,4% e il Belgio col 43,1%, ma in quelle tre nazioni lo Stato è senza dubbio più avanzato del nostro in termini di assistenza e servizi. «Oggi il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha detto che la riforma fiscale, con una nuova delega, arriverà l’anno prossimo: è un film già visto tante, troppe volte. Una delega nel 2023 vuol dire arrivare al traguardo, nella migliore delle ipotesi, l’anno successivo. Ma questo vorrebbe dire una attesa di altri due anni, un lasso di tempo così ampio nell’arco del quale molte imprese, fiaccate dalla crisi, potrebbero non farcela a sopravvivere» aggiunge Ferrara. 

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