Lo Stato non pagherà mai per l’incapacità nell’emergenza. Ma quanto fa pagare noi per un foglio fuori posto della 626?

18 Marzo 2020
Lettura 2 min

di Roberto Errichelli – Il paradosso della situazione: il fallimento dello Stato è contemporaneamente il suo trionfo.

Fallimentare è la gestione di una situazione che era più che prevedibile prima o poi accadesse

Non c’era bisogno di Nostradamus, l’aveva “previsto” anche un (ex)ragazzotto arricchito per caso e per furbizia come Bill Gates ma anche gli sceneggiatori (modesti in verità) di “Virus letale” o “Contagion” o “Resident Evil”, giusto per citarne alcuni, tra i moltissimi film o serie televisive a tema “un virus” ci distruggerà.

Tutti lo avevano previsto ma non evidentemente “lo Stato”, questa entità mitica, che ambisce ad essere padre e madre contemporaneamente (id est: Dio) assolvendo nello stesso momento ai compiti di cura e protezione, educazione e punizione del cittadino/suddito/bambino.

E per “Stato” si intende “tutti gli Stati”, ché pare che dalla Cina agli Usa, dal Manzanarre al Reno nessuno “Stato” abbia mai pensato alla eventualità di una pandemia (ebbene sì, c’è anche un film che si intitola “Pandemia, ed è pure un film italiano). Il bello è che molti di questi pensano pure alla guerra batteriologica: ma se un virus influenzale li mette ko come pensano di governare una eventuale guerra a suon di batteri? Misteri del Dio Stato.

Il massimo a cui “Lo Stato” riesce a pensare pare essere dunque la quarantena, un modello non propriamente hi-tech di controllo di un virus, datando perlomeno alla peste di Atene nel 430 avanti Cristo con la gente ammassata in quarantena al porto del Pireo.

Quello che colpisce non è tanto la carenza di macchinari o medici o mascherine (non si pretende che una nazione di 60 milioni di persone tenga pronti diecimila macchinari per la rianimazione. O sì?) quanto piuttosto la totale assenza di una procedura da seguire in casi come questo.

Se abbiamo una azienda con mezzo dipendente siamo costretti, per legge e pena sanzioni pesanti, a redigere piani di fuga da improbabilissime calamità naturali e non che potrebbero colpire il nostro ufficio in centro a Milano.

Se siete “Lo Stato” potete anche stipendiare migliaia di persone ogni giorno, ogni anno fino alla pensione, e non una che abbia pensato di stilare, chessò, non dico tanto, un manuale sul chi fa cosa, o un elenco di aziende produttrici mascherine o di aziende in grado di riconvertire velocemente la produzione in attrezzature utili in caso di calamità del genere. La cosa interessante è che, ripeto, pare che nessuno “Stato” nel mondo abbia un protocollo del genere pronto (i più ridicoli sono i britannici con il Comitato Cobra: probabilmente pensano che James Bond esista davvero).

Se “Lo Stato” non “pensa” a queste eventualità, a cosa serve?

Lo Stato serve a perpetuare se stesso, non ad altro. E’ davvero “il più freddo dei mostri”, per dirla con Nietzsche.

E il paradosso è che da questa prova di provata inutilità, ne uscirà più forte di prima. I mezzi tecnologici per il controllo delle persone, per esempio, sono stati ampiamente sperimentati in Cina e chiunque può comprendere che una volta scoperto che la app sul telefono obbligatoria per conoscere i tuoi movimenti funziona, non sarà certo Mr. Ping (per dirla con il nostro sventurato Ministro degli Esteri) a fare un passo indietro per non usarla ad altri fini. E già si sentono le invocazioni dei cittadini/sudditi/bambini invocare uno Stato ancora più onnipresente nelle nostre vite.

Che tutti stiano in casa a rintronarsi davanti alla televisione o al massimo facciano il percorso casa-lavoro-casa è in fondo il desiderio di ogni “Stato”. E noi saremo contenti di adeguarci: in virus veritas.

Nel fallimento del Dio-Stato, il suo trionfo.

Photo by Markus Spiske

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