L’Italiavirus e la questione irrisolta del residuo fiscale

12 Marzo 2020
Lettura 2 min

di Roberto Pisani – Ammonta grosso modo a 100 miliardi l’anno il residuo fiscale che la Padania o regioni del Nord, chiamatele come preferite, vantano nei confronti di uno stato sempre più centralizzatore.

Una cifra enorme che se trattenuta sul territorio porterebbe una macroregione federale del Nord ad essere una delle più ricche, se non lo più ricca, d’Europa. E invece i nostri denari servono per mantenere un carrozzone sempre più in difficoltà e sempre più avido.

Sono passati ormai più di vent’anni da quando i popoli padani hanno rialzato la testa alla ricerca della propria libertà economica però purtroppo poco è cambiato.

Sarebbe troppo difficile, o forse troppo facile, ricercare le cause di questo momentaneo fallimento ma una cosa è certa: la speranza e la voglia di indipendenza non è morta ma è solo sopita.

Ed è proprio in momenti di difficoltà come questo che si vede quanto lo stato centralista è aggressivo e oppressivo. La Lombardia e il Veneto, nello specifico, hanno chiesto misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza sanitaria e la risposta dello governo centrale è stata: non si possono varare provvedimenti a macchia di leopardo. O tutti o nessuno.

Non ricordo che fu data risposta simile quando si trattava di iniettare denaro nel pozzo senza fondo costituito dalle casse romane, per affrontare le crisi delle aziende del mezzogiorno.

E nemmeno quando si trattava di salvare dal dissesto economico sanitario regioni come la Sicilia e il Lazio, per citarne solo alcune.

E neanche quando servivano i soldi delle aziende del nord per salvare carrozzoni di stato come Alitalia, per esempio.

Ma se almeno nel momento del bisogno avessero il buonsenso di aiutare quella che è l’economia portante di questo sciagurato paese.. E invece no! Cosa viene partorito? Un decretino, anzi quasi uno al giorno, che obbliga alla chiusura alcuni settori lasciandone aperti altri, come se il virus preferisse infettare chi beve un caffè piuttosto che chi si reca in tabaccheria, magari trattenendosi più a lungo per giocare alle lotterie istantanee.

E tutto questo quanto costa? Alle micro e piccole aziende, spesso a gestione familiare, tantissimo.

Anche perché non rientrano nelle misure di aiuto che lo stato centrale ha predisposto, ossia 25 miliardi per la coperture della cassa integrazione straordinaria, per cui ha dovuto anche sforare il patto di stabilità.

Ma come: con gli oltre 100 miliardi di residuo fiscale che ogni anno le regioni del Nord versano nelle casse centrali siamo anche costretti a trasgredire i patti sottoscritti con l’Unione Europea? E poi 25 miliardi per tutta l’Italia? Una miseria in confronto a quanto il Nord paga. E poi perché questi soldi sono a disposizione anche delle aziende site in regioni non toccate dal virus, che devono rimanere chiuse per decreto? Se non c’erano soldi a sufficienza (?) non era meglio chiudere solo quelle delle regioni più colpite?

Insomma questo virus prima o poi passerà ma la sensazione è che un altro rimarrà più a lungo e si chiama Italiavirus.

Photo  Didier Weemaels 

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