“La Cina, materasso contro le sanzioni russe”

28 Febbraio 2022
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”La Cina è il primo partner commerciale dell’Ucraina e l’invasione russa è un danno per i suoi interessi economici. Inoltre c’è la questione di principio: la Cina ha sempre criticato le invasioni militari… salvo quando le ha praticate. Ricordo Tibet, India e Vietnam, per restare ai casi recenti. L’appoggio di Xi Jinping a Putin guarda però ai vantaggi di lungo periodo. Una Russia che si allontana dall’Occidente è costretta a finire nelle braccia della Cina, che le farà pagare il suo aiuto politico, economico, finanziario, tecnologico”. Lo sostiene in un’intervista a Libero Federico Rampini, editorialista da New York del Corriere della Sera e autore del libro ‘Fermare Pachino’, sottolineando che ”col passare dei giorni il sostegno cinese si è fatto più cauto, Pechino ha lanciato appelli al dialogo fra le parti. Xi Jinping vuole mantenere tutta la sua libertà di manovra con l’Occidente, non si lascia identificare con Putin. Lo aiuterà a sopravvivere con le sanzioni economiche occidentali, ma a caro prezzo, e senza tagliarsi i ponti con l’America. La Russia rinuncia solo ai soldi virtuali del Nord Stream 2, che non è mai entrato in funzione e quindi rappresenta il reddito futuro da un investimento. Il resto delle esportazioni di gas russo verso l’Europa continuano e frutteranno un gettito aumentato, grazie al rincaro dei prezzi mondiali. Come si è visto con la sanzione che esclude la Russia dal sistema di pagamenti internazionali Swift, gli europei hanno dovuto per forza inserire un’eccezione che consenta di pagare il gas. In vista di ulteriori peggioramenti nelle relazioni con l’Europa occidentali, Putin ha raggiunto accordi con la Cina per aumentare le forniture in quella direzione”. “Le perdite economiche per la Russia saranno sostanziali – precisa Rampini – ma Putin si prepara da anni a questo conflitto e ha fatto tutto quello che poteva per costruire un’economia più autarchica, meno esposta alle sanzioni, più rivolta a Oriente. Mentre modernizzava le sue forze armate, ha ridotto il debito pubblico e il debito estero, proprio per poter resistere a un assedio finanziario. La Cina ha bisogni energetici enormi, per cui potrà assorbire tutto il gas che eventualmente l’Europa smetterà di comprare, e ha già deciso la costruzione di nuove infrastrutture per trasportare più gas russo a Oriente. Sta però investendo molto anche nel nucleare, che considera a tutti gli effetti una fonte rinnovabile, nel solare, nell’eolico, nell’auto elettrica. Questo significa che come cliente di energie fossili dalla Russia avrà un appetito decrescente nel tempo, via via che Xi realizzerà i suoi piani di decarbonizzazione”. Secondo Rampini, ”da Pechino possiamo aspettarci un appoggio prudente e condizionato a Mosca: la diplomazia cinese si esibisce in un’acrobazia di cui è maestra: non dirà nulla che sconfessi Putin e appoggerà la sua narrazione sull’accerchiamento occidentale della Russia. Però, soprattutto se la guerra-lampo dovesse trasformarsi in un conflitto prolungato, mi aspetto che Pechino si smarchi e offra i suoi servizi di mediazione per una soluzione diplomatica. Non dimentico che la Repubblica Popolare non ha mai riconosciuto la Crimea, proprio perché non ama i separatismi. Quanto a Biden, apparso spiazzato a molti osservatori, l’avvicinamento tra Russia e Cina dura da quattro presidenti americani, i primi segnali erano chiari già sotto George W. Bush. In Europa molti si sono convinti che la ritirata caotica da Kabul nel 2021 abbia incoraggiato Putin, ma ci sono indizi che l’invasione dell’Ucraina sia stata preparata ben prima di Kabul. La debolezza verso Putin, comunque, è di tutto l’Occidente: in primo piano vedo la responsabilità europea nel lesinare investimenti per la difesa. Quanto a Trump, Putin aveva un rapporto strumentale con l’ex presidente Usa. Era convinto di poterlo manipolare. Non si può escludere che con un ‘Trump 2’ alla Casa Bianca avrebbe scelto altre vie per estendere la sua influenza in Ucraina. In cuor suo, forse, lo stesso Trump gli avrebbe dato via libera per la “finlandizzazione” dell’Ucraina. Sui rapporti con la Russia, però, Trump è sempre stato condizionato dall’establishment della politica estera: Pentagono e Dipartimento di Stato ostacolavano le sue aperture a Putin, con l’appoggio dei repubblicani al Congresso”. 

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