In Europa siamo al riparo da un caso Silicon Valley Bank?

16 Marzo 2023
Lettura 3 min

di Gigi Cabrino – Il professor Leonardo Becchetti, economista dell’università Tor Vergata, ha rilasciato un’intervista al giornale vita.it sul caso Silicon Valley Bank e sulle possibili ripercussioni europee.
Sui motivi del fallimento di SVB è convinto che sia avvenuto “perché non aveva valutato correttamente alcuni gravi fattori di rischio né il regolatore americano si era accorto del suo comportamento intervenendo tempestivamente. In sostanza investiva quasi tutto in un unico settore ed area geografica (già questo è un fattore di esposizione a rischi sistemici elevati) e aveva attivi investiti in titoli di stato americani a lungo termine.

Con l’aumento dei tassi d’interesse della Fed è successo che tutti e due i fattori di rischio gli si sono rivolti contro. Le aziende high-tech della Silicon Valley che hanno bisogno di finanza per gli investimenti hanno usato meno credito bancario più costoso ritirando i propri depositi presso la banca. La Svb per far fronte alle uscite ha dovuto vendere i titoli di stato americani che nel frattempo avevano perso valore per l’aumento dei tassi registrando quindi perdite importanti in conto capitale (quasi 2 miliardi).L’aumento di capitale fatto per fronteggiare la perdita è stato visto come ulteriore segno di debolezza facendo partire la corsa agli sportelli”.


Per Becchetti le.regole europee dovrebbero proteggere maggiormente i risparmiatori. “In Europa la Bce impone regole molto più severe (Basilea 3) sui coefficienti di liquidità (i soldi propri che le banche devono avere per coprire le perdite) e sui rapporti tra attivo e passivo. E in genere le banche sono più diversificate per impieghi nei diversi settori economici ed attività in diverse aree del paese. E sanno cogliere e coprirsi da situazioni di rischio come quella degli effetti del calo dei tassi sul patrimonio di obbligazioni e del disallineamento tra scadenze delle passività (i depositi immediatamente esigibili dai clienti) ed attività (con scadenze molto più lunghe)”.


Sul collegamento fatto da alcuni alla necessità di ratificare il mes Becchetti afferma che le.due cose non sono affatto collegate. “Quando c’è una crisi finanziaria in caso di contagio si verifica una “fuga verso la qualità” con investitori che cedono titoli più rischiosi per acquistare titoli più sicuri…I nostri titoli di Stato possono patire la “fuga verso la qualità” e lo spread può allargarsi. Ma questa crisi è molto circoscritta e non dovrebbe arrivare in Europa a meno di nuovi fatti gravi. Abbiamo inoltre un ombrello di protezione della Bce (che farebbe esattamente il contrario della “fuga verso la qualità” per ridurre lo spread con la sua forza d’urto) che non è stato ancora testato ma credo funzionerebbe. La ratifica del Mes in tutto questo incide poco e anzi potrebbe essere vista come un fattore di debolezza dei mercati”.


I giornali di area-centrodestra fanno titoli del tipo: “La banca green fa crollare le borse”, riferendosi al fatto che la Svb investiva in start up impegnate sul fronte green e della sostenibilità. Per Becchetti questo “non c’entra un fico secco. Il problema come spiegato sopra riguarda i rischi di concentrazione in un unico settore (l’alta tecnologia) e unica area del Paese, la mancata copertura da rischi finanziari e il disallineamento tra attività e passività. La banca poteva essere e chiamarsi banca del Petrolio del Texas (o banca agricola del Tennessee), ovvero essere troppo concentrata settorialmente e geograficamente, e con queste caratteristiche e gli altri rischi di natura finanziaria di cui abbiamo parlato sarebbe fallita ugualmente”.


Infine il professor Becchetti esprime un apprezzamento per il sistema delle nostre banche di credito cooperativo per il loro legame ai territori.
“Tutte le banche di ogni genere e tipo fanno un lavoro rischioso e difficile e dunque sarebbe errato dire che esistono banche al sicuro da qualunque rischio. Però la storia del mondo del credito cooperativo ci dice che le crisi di banche locali ci sono state ma sono state tutte risolte attraverso acquisizioni da parte di altre Bcc senza un euro speso dai contribuenti. Mentre abbiamo pagato e molto le crisi bancarie di banche non cooperative. Le banche etiche nel mondo (penso agli studi sugli istituti membri della Global Alliance for Banking and Values) sono più concentrate sulle attività tradizionali di depositi e prestiti e hanno in genere Roe e Roi meno volatili. Non hanno l’obiettivo di stressare valore per l’azionista e questo le spinge a maggiore prudenza. La probabilità di crisi finanziarie però non dipende solo dalla natura delle banche ma anche dai comportamenti del regolatore. Il mondo europeo molto più regolamentato ha un motore meno scattante ma è più sicuro…gli Stati Uniti hanno scelto di deregolamentare il settore e dunque sono più esposti a crisi come quelle della Silicon Valley Bank”.

IL GIORNALE

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