di Gigi Cabrino – neIl prof.Tabarelli, economista dell’ università di Bologna ed esperto di mercati energetici, in una intervista a QN analizza i risvolti positivi e le molte zone poco chiare dell’accordo raggiunto a Bruxelles sul tetto al prezzo del gas.
Forse parlare di tetto a 180 euro senza le dovute precisazioni può generare confusione.
“L’unica cosa vera è che questa intesa sgombra il campo da questioni tecniche e fumose e lascia spazio alle cose più concrete. Ma, sicuramente, non sarà con il Price Cap che l’Europa supererà l’emergenza” afferma Tabarelli.
“Il tetto a 180 euro fissato dall’accordo è meno dei 375 che aveva proposto la Commissione Ue nella prima versione dell’intesa, è quasi la metà del picco dei 350 euro raggiunto a fine agosto. Ma non dobbiamo dimenticare che la media degli ultimi anni era di 20 euro. E che, alla produzione, il costo è della metà. Stiamo, insomma, parlando di cifre davvero assurde”.
E mette in guardia da chi parla già di bollette più leggere da subito.
“Diciamo che questo potrà avvenire solo in prospettiva. Il price cap, nell’immediato, potrà aiutarci ad evitare nuove fiammate questo inverno o nella prossima estate, quando dovremo ricostituire le scorte. Ma per ridurre le bollette serve altro”.
“Pochi lo dicono ma la verità è che siamo ancora in emergenza. E, di fronte a tutto questo, l’Europa fa dei pastrocchi come se fosse l’alchimista stregone. Siamo messi talmente male che non invidio i politici europei, ma accordi come il price cap complicano le cose. Occorrerebbe, invece, militarizzare la crisi, come abbiamo fatto per il Covid, con interventi massicci. In Italia, ad esempio, non possiamo discutere per mesi per fare un rigassificatore o per aumentare la produzione nazionale di gas o per aprire qualche centrale a carbone in più. Serve tutto immediatamente”.
Il motivo di un rallentamento timido della corsa dei prezzi non è sicuramente da ricercare nell’accordo raggiunto in UE, le cause sono altrove.
“”Per le temperature più miti, perché la domanda sta rallentando, perché c’è molto utilizzo di carbone. In Germania, ad esempio, è diventato la prima fonte di copertura della domanda di energia. Per questo l’Italia non può permettersi di tergiversare sui rigassificatori. Se Piombino non vuole, facciamone due a Ravenna. Apriamo i gruppi a carbone ancora chiusi, come a Brindisi o La Spezia. Allentiamo le normative ambientali che impediscono di usare la legna o il gasolio nelle città. Abbiamo bisogno di tutto per fare fronte all’emergenza”.
Inoltre, aggiungiamo sommessamente, gli attuali accordi non impediscono il brutto ricatto a cui sono state sottoposte le aziende energetiche municipalizzate dei territori di provincia quest’estate, quel ricatto posto dalle grandi multinazionali che suonava così: o ci (s)vendete quote aziendali o non vi vendiamo gas.