Categorie: Economia

Il Pos è costato 5 miliardi di commissioni. Siamo fuori dal mondo…

L’uso di carte e bancomat è costato alle imprese nel 2022, tra commissioni e costi accessori, almeno 5 miliardi di euro. Un onere proporzionalmente più gravoso soprattutto per le attività di minori dimensioni, in particolare del commercio. A stimarlo è Confesercenti, in vista del tavolo tecnico per il taglio delle commissioni sui pagamenti tramite Pos, convocato dal ministero dell’Economia per venerdì 17 marzo. Confesercenti sottolinea che nel 2022 le transazioni con pagamenti digitali hanno raggiunto i 400 miliardi di euro, quasi il 40% del totale speso degli italiani. Nel 2023 sarà il 50%. Un risultato, rimarca, ottenuto “con grandi costi a carico degli esercenti” e “un peso delle commissioni fino e oltre l’1,4% del transato per le attività minori”. Il tavolo è dunque l’occasione per mettere il punto ad una questione aperta da oltre dieci anni, sottolinea Confesercenti, che indica la proposta “di costituire un osservatorio per rendere finalmente chiari i costi attuali della moneta elettronica. Ma anche di rendere gratuite le transazioni sotto i 30 euro per le attività sotto i 400mila euro di fatturato annuo, aiutarle a dotarsi di dispositivi contactless e di predisporre un nuovo più ampio credito di imposta, della durata di tre anni, su tutte le transazioni”.

Confesercenti evidenzia come in questi dieci anni l’Italia sia diventato il Paese europeo con il più alto numero di Pos, 3,9 milioni, anche se il numero di operazioni rimane ancora sotto la media. Più alto invece, è l’importo medio delle transazioni, circa 50 euro, un dato che sottolinea come il problema sia soprattutto relativo alle micro-transazioni. L’incidenza dei pagamenti in moneta elettronica sul totale è in rapida crescita: in alcuni casi, come nell’abbigliamento, raggiunge anche l’80% delle vendite. “Ora gli esercenti si attendono finalmente una soluzione al problema. L’obiettivo dichiarato del tavolo, infatti, è la riduzione dei costi della moneta di plastica per i circa 2,5 milioni di piccole attività con meno di 400mila euro di fatturato annuo. La speranza è che non si proceda a un semplice restyling dei provvedimenti attuali, il credito di imposta previsto ora è insufficiente, ma che si arrivi ad una vera riforma che favorisca la diffusione delle transazioni elettroniche attraverso una distribuzione più equa dei costi. Per raggiungere questo risultato, però, è necessario che il governo svolga un ruolo attivo, non di semplice garante”, conclude l’associazione delle pmi del commercio, turismo e servizi.

Stefania Piazzo

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