Il lockdown ha spaccato l’Italia in due. Chi produce (o vorrebbe) e chi è garantito anche se casca il mondo

18 Agosto 2020
Lettura 3 min

di Riccardo Rocchesso – Occorre essere realisti e onesti. Il lockdown passato e quello presente non ha per tutti lo stesso prezzo. Sia chiaro. Nessuno qui vuole mettere in discussione la salute pubblica. Ma siamo ancora troppo confusi, storditi dal dopo lockdown, dalle misure di apertura, poi di richiusura, poi di rappezzo, poi di verifica.

Fatta questa debita premessa, davanti ad uno “Stato confusionale”, in cui anche il bando sui banchi è tutta una storia da raccontare, in cui si tace sui nomi dei vincitori che entro settembre, ah no, entro ottobre, dovranno sfornare 3 milioni e mezzo e passa di nuovi mobili, ecco, davanti a questa parabola di buona amministrazione, il Paese è rimasto drammaticamente spaccato in due.

C’è chi il lavoro l’ha perso. Chi ha chiuso l’attività. Chi ha fatto la fila umiliante in banca senza avere il prestito, chi non ha mai percepito il bonus di 600 euro, chi non si è visto le tasse rinviate perché le tasse sono bellissime e chi, essendo dipendente dello Stato, non ha perso nulla.
Come i parlamentari, i ministri, ma anche molti dipendenti del gigantesco apparato pubblico italiano, che chiudono e aprono senza avere il problema del “E dopo?”.

Tornare a casa la sera, dopo il lavoro, è la massima aspirazione di tutti.
Una volta c’erano i Boomer che tutti invidiavano, persone che volevano provare tutti i costi la scala mobile sociale italiana, innamorati del proprio lavoro… Ma, in tempi di crisi economica e soprattutto di Covid, le cose si sono decisamente invertite, in maniera quasi paradossale e molto preoccupante.

Chi ha un lavoro “pubblico” o protetto, negli ultimi mesi ha sempre percepito lo stipendio regolare. Per loro, marzo aprile maggio giugno sono stati un sacrificio ma in smart working da casa o ad orario ridotti.
Il lavoro non glielo ha tolto proprio nessuno e non hanno alcuna paura che possa succedere. Decisamente meglio di chi aveva un’azienda sul groppone. Sicuro.

Oggi che misure di nuovo contenimento del contagio ricadono sulle nostre teste, all’Italia del lavoro privato si chiede un nuovo sacrificio. Per gli altri non cambierà proprio nulla. Anzi, lo smart working nella pubblica amministrazione è ancora vivo e vegeto.

Cosa cambia per chi ha il posto fisso? Quando si è garantiti, e nessuno mette in discussione il diritto al lavoro pubblico, le cose si vedono con un’altra prospettiva. Arriva un’ondata di lockdown da qualche parte? Che arrivi pure. “Tanto non mi tocca”. Anzi, andiamoci giù pure duri, e richiudiamo tutto, per il bene e la nostra salute.

Ma sapete qual è il sospetto? E’ che con l’inasprimento delle misure anti-covid, sui social network siano tornati quasi tutti i “paladini del Virus”, i cittadini super fan dei media main stream, i “terrorizzatori”.
Quelli che stanno di qua o di là a prescindere. I promotori delle politiche di restrizione governative.

Difficile trovare tra questi le partite Iva, i liberi professionisti che pregano tutti i santi perché non vi sia una seconda ondata. E non per incoscienza, ma perché questo sistema fa pagare solo a un pezzo di Paese, e sempre a quello, il lockdown, quel pezzo di paese che non ha diritto a lavorare da casa con lo stipendio sicuro per tutta la vita.

Tifoserie contrapposte, dove dal divano di casa, nella propria casetta, si fa il secondo lavoro, quello di moralizzatori sui social network.

Varrebbe la pena fare un identikit social dei paladini giustizialisti di Facebook, grandissimi acrobati ed arrampicatori di specchi. Chi è il loro datore di lavoro?

Ma dall’altra parte, tra gli “scalmanati”, i complottisti o negazionisti come piace chiamarli ora, ci sono però spesso e volentieri gli imprenditori, i boomers di cui parlavo prima, che credono fermamente nel loro lavoro e vivono, ora, nella profonda inquietudine del futuro incerto.

Ma se questi imprenditori, grandi e piccoli, di ogni tipo, invece di pagare le tasse, perché molto arrabbiati da certe politiche governative, quel giorno, utilizzassero anche loro l’hashtag: #restoacasa ed #andràtuttobene, cosa succederebbe nel nostro Paese nel giro di qualche mese?

Sì, l’Italia è divisa, spaccata, grazie alle politiche di protezionismo del lavoro che ha creato una sorta di “baronismo pubblico”. Una classe di intoccabili, in una selva di sottobosco amministrativo, che si siedono sul loro posto e non si spostano più.
Forse proprio uno dei più grandi problemi dell’Italia dagli anni ’70 in poi.

Ed è proprio questo l’attuale spaccato dell’Italia. L’ossimoro di un Paese che primeggiava nel mondo, che si sta dividendo in due fazioni, pericolosamente, alimentate dall’astio reciproco, mentre si sta sprofondando, tutti insieme, nella più grande recessione della Storia.

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