Italiani in crisi più preoccupati della media Ue per inflazione, povertà e guerra, con il 51% dei cittadini in difficoltà economiche contro il 45% del resto d’Europa. Cambiano così i consumi alimentari per l’84%, con lo stop al superfluo per il 46%, tagliano anche i prodotti più costosi dalle carni rosse tagliate (-14%), al pesce (-9%), ai salumi (-8%) al vino (-6%) e solo il 22% che non rinuncia alla qualità; questo mentre volano i discount +12% in un anno. E’ quanto emerge dallo studio Nomisma per Cia Agricoltori Italiani “Le nuove sfide per l’agricoltura italiana”, presentato nel corso della Conferenza economica.
Questo, mentre l’inflazione pesa su tutto il settore food (+13,1% annuo) con picchi per pasta (+20%), prodotti lattiero-caseari (+17,4%) e olio (+16,2%). Dopo la spinta nel post Covid, anche l’agricoltura è in stallo e, pur confermandosi tra le principali dell’Ue (72,4 miliardi di valore della produzione), registra una variazione positiva solo grazie all’escalation dei prezzi agricoli (+21%). C’è, invece, un’Italia agricola che si distingue in Europa per le attività connesse, come agriturismi, fattorie sociali e didattiche, agroenergie. Un mondo che vale 5,3 miliardi, incidendo sulla produzione totale per il 10%, contro appena il 4% in Ue, elemento importante dal punto di vista economico ma anche sociale perchè preserva il capitale umano nelle aree rurali.
Tuttavia si registrano due velocità, con il Centro-Nord molto più avanti in fase di integrazione della multifunzionalità (Nord-Ovest 12%, Nord-Est 10%, Centro 9%), rispetto al Sud (solo il 2%); un’area questa dove, essendo a forte vocazione turistica dovrebbero essere potenziati specialmente gli agriturismi. Lo studio, infine, mette ancora una volta in evidenza il gap cronico di servizi e infrastrutture tra città e aree interne, dove sale al 28% il rischio di esclusione sociale ed è maggiore l’incidenza di Neets, i giovani che non hanno impiego, non studiano e non si formano, 22% in Italia rispetto al 15% della media comunitaria.
L’agricoltura, essenziale per queste aree, paga per prima sia i ritardi infrastrutturali che quelli digitali, con la penisola ancora al 18° posto in Ue, dietro anche a Slovenia, Lituania e Lettonia.