di Gigi Cabrino – Confartigianato tramite il suo ufficio studi fa sapere cresceremo più di altri colossi, ma le nubi sul futuro si addensano.
Così Confartigianato.
“Le conseguenze dell’invasione dell’Ucraina, la crescita dei prezzi, le strette monetarie operate dalle banche centrali e il rallentamento dell’economia cinese sono le determinanti della frenata dell’economia mondiale. Le previsioni pubblicate ieri dall’Ocse indicano un crescita del PIL mondiale del 3% quest’anno e del 2,2% nel 2023”.
Sull’economia dell’area euro: “Nell’Eurozona la crescita è del 3,1% quest’anno e dello 0,3% il prossimo, con la Germania che dopo aver segnato nel 2022 una crescita del PIL dell’1,2%, l’anno prossimo sarà in recessione (-0,7% del PIL a fronte della precedente previsione di +1,7% di giugno). L’Italia segna un +3,4% nel 2022 e un +0,4% nel 2023, un valore che potrebbe essere confermato nella prossima Nota di aggiornamento al DEF 2022”.
“In frenata anche per l’economia degli Stati Uniti, con la crescita del PIL dell’1,5% nel 2022 e dello 0,5% nel 2023. In Cina le misure di contenimento dell’epidemia e le difficoltà del mercato immobiliare porta il tasso di crescita ai minimi storici: 3,2% nel 2022 e quest’anno, con un rilancio al 4,7% nel 2023”.
“Quest’anno l’Italia, grazie ad interventi espansivi di politica fiscale e l’avvio del PNRR sostenuti dal finanziamento di NGEU, cresce più di Usa, Cina e Germania.
Sul fronte dei prezzi il tasso di inflazione dell’Eurozona per il 2022 è indicato all’8,1% e nel 2023 al 6,2%; meno accentuata l’inflazione in Italia, con un tasso di crescita dei prezzi del 7,8% nel 2022 e del 4,7% nel 2023, valori ancora superiore al target del 2%, che richiederà ulteriori strette sui tassi”.
Lo studio analizza anche le strette monetarie previste ; “Le ricadute sulle imprese della stretta monetaria saranno pesanti, come ha evidenziato nei giorni scorsi l’intervento del Presidente di Confartigianato Marco Granelli. Per le piccole imprese, già gravate dalla straordinaria pressione dei costi dell’energia e delle materie prime, salirà il costo del credito mentre si ridurrà la domanda per investimenti. La stretta rallenterà il settore immobiliare e delle costruzioni, i comparti che hanno sostenuto la ripresa post-Covid-19. Una stretta eccessiva, senza un bilanciamento con adeguati interventi di politica fiscale, potrebbe fare evolvere in recessione il rallentamento in corso”.