Confindustria stronca la manovra: Taglio al cuneo fiscale quasi inesistente. Zero fondi al Made in Italy

3 Dicembre 2022
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Il Presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, è intervenuto in Audizione di fronte alle Commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato, nell’ambito dell’attività conoscitiva preliminare all’esame del disegno di legge di bilancio per il 2023 e per il triennio 2023-2025.

“L’economia italiana è riuscita a cumulare, già nel terzo trimestre 2022, un livello di PIL superiore dell’1,8% rispetto al pre-pandemia: un exploit reso possibile dalla straordinaria vitalità e resilienza del nostro tessuto produttivo, delle nostre imprese”, ha detto il Presidente, aggiungendo che “il Centro Studi di Confindustria stima che la bolletta energetica delle imprese italiane aumenterà quest’anno di circa 95 miliardi di euro rispetto al 2018, al lordo delle misure di sostegno (destinate alle imprese per circa 34 miliardi, al netto delle somme stanziate per contenere il prezzo dei carburanti). Se si guarda solo ai prezzi di energia elettrica e gas, l’aumento è, nel 2022, del 500% rispetto alla media 2016-2018.

Quello che a nostro avviso manca in questa legge di bilancio è la visione su quanto sta succedendo”, ha sottolineato Bonomi.

“La dimensione è tale che sono in gioco la competitività e la sopravvivenza stessa di ‘pezzi’ del sistema produttivo italiano. Per questo abbiamo più volte sottolineato come il sentiero che portava alla Manovra fosse più “stretto” di altre volte e che non potessero esserci dubbi: i limitati spazi di bilancio prospettati dalla NADEF – circa 9 miliardi nel 2022 e 21 miliardi nel 2023 – andavano focalizzati su pochissime priorità, in primis l’energia” , ha continuato il Presidente.  

“Condividiamo la scelta del Governo di concentrare le risorse derivanti dal maggior indebitamento, circa due terzi della Manovra, sulle misure contro il caro energia. Una scelta coerente con quell’approccio pragmatico e prudente in tema di finanza pubblica, che rappresenta uno dei tratti di questa Manovra ed è un buon viatico per l’interlocuzione con le istituzioni europee. Infatti, sebbene il Patto di Stabilità sia ancora sospeso, è importante inviare i segnali giusti non solo a Bruxelles, ma anche ai mercati, specie nel momento in cui la politica monetaria della BCE sta assumendo una connotazione più restrittiva. Ma questa incertezza non si può rinviare al primo aprile, quando scadono le misure per l’energia disposte in legge di bilancio”, ha fatto notare Carlo Bonomi. “Se questa dovesse restare la proposta finale al Consiglio UE, allora l’Italia deve puntare con decisione al secondo capitolo delle proposte di cui restiamo in attesa da mesi: quella di una davvero efficace riforma dei mercati elettrici, che punti a un meccanismo deciso di disaccoppiamento tra prezzo del gas e tariffa elettrica finale e che sia affiancato da uno strumento finanziario comune per il bilanciamento tra diversi mix energetici nazionali che determinano cospicui svantaggi per imprese e famiglie italiane. Per l’Italia, senza un’Europa dell’energia, il prezzo a MgWh dell’elettricità resterà molto superiore a quello tedesco e – per quanto meno di un tempo – comunque superiore anche a quello della Francia, che pure sconta la disconnessione di un gran numero di centrali nucleari in manutenzione ed è diventata per questo importatrice netta di energia”, ha spiegato il Presidente.

“Come Confindustria abbiamo inoltrato a Bruxelles una dettagliata proposta tecnica per la riforma del mercato elettrico. Chiediamo a Parlamento e Governo una energica proposta italiana al tavolo europeo che impedisca l’aggravamento dei divari di competitività che già dobbiamo scontare”, ha affermato Carlo Bonomi nel corso dell’Audizione.

“Per quanto riguarda il contributo sui c.d. extraprofitti, abbiamo più volte formulato suggerimenti per rendere lo strumento praticabile in concreto e coerente con la sua finalità solidaristica. Dobbiamo constatare che, nonostante alcuni miglioramenti, anche la riscrittura contenuta nella Manovra non risponde a quanto auspicavamo. Tra i principali effetti dell’emergenza energetica vi è, poi, il maggior fabbisogno di liquidità, soprattutto per le PMI. Con una scelta condivisibile, la Manovra rifinanzia il Fondo di Garanzia per le PMI e ne proroga, in coerenza con quanto già disposto per le garanzie SACE, l’attuale schema di intervento nell’ambito del Quadro temporaneo. Esiste però la possibilità di agire in modo più incisivo, prevedendo la gratuità delle garanzie, soprattutto per PMI e mid cap, e innalzando le percentuali di copertura ai livelli massimi consentiti. Nel merito dei consistenti interventi disposti dalla Manovra (solo i crediti d’imposta pesano per 9,8 miliardi), per far sì che abbiano un reale impatto sugli oneri sostenuti dalle imprese riteniamo imprescindibili alcuni correttivi. Anzitutto, non è comprensibile l’esclusione delle utenze superiori ai 16,5 kW dal novero dei soggetti beneficiari dell’azzeramento degli oneri elettriciper il primo trimestre 2023 (previsto, a differenza dei precedenti, solo per utenze domestiche e non domestiche con potenza fino a 16,5 kW). Con riferimento ai crediti di imposta, pur con le rinnovate aliquote e decorrenze temporali, queste misure, in ragione dei meccanismi applicativi, continuano a presentare criticità. L’esperienza del 2022 ha dimostrato che la via preferenziale seguita dalle imprese per l’utilizzo dei crediti sia stata la compensazione con imposte e contributi: di contro, abbiamo osservato un modesto ricorso all’istituto della cessione, anche a causa della saturazione dei plafond da parte degli istituti finanziari. Tuttavia, aver introdotto limiti temporali all’utilizzo in compensazione dei crediti ha sicuramente contratto la capacità di utilizzo da parte delle imprese prive di adeguata capienza fiscale. Si dovrebbe, quindi, valutare l’opportunità di un ampliamento dei termini di compensazione o l’introduzione di procedure di rimborso del credito, attualmente precluse. In tema di misure per la liquidità, occorre correggere alcune distorsioni contenute nel recente DL Aiuti-quater. Quest’ultimo prevede l’obbligo in capo alle imprese fornitrici di concedere rateizzazioni ai loro clienti, a condizione che gli stessi rinuncino alla fruizione dei crediti d’imposta per le spese energetiche e in presenza di una totale copertura assicurativa del rischio di inadempimento e della riassicurazione pubblica concessa da SACE. Al riguardo, resta però, per le imprese fornitrici, la questione del maggiore fabbisogno di liquidità connesso all’eventuale rateizzazione. Ma resta un punto di fondo: in assenza di incisive misure europee, non possiamo contare sul fatto che i prezzi elettrici e del gas tornino a quelli del 2020”, ha chiarito il Presidente.

Bonomi è poi tornato sul tema del cuneo fiscale, spiegando che per generare un effetto significativo sarebbe necessario tagliarlo dialmeno di 4 punti. “Troppe volte nei decenni alle nostre spalle piccoli tagli di 1 o 2 punti non hanno avuto alcun effetto. Nel 2021, il cuneo in Italia è stato pari al 46,5% del costo del lavoro, uno dei più elevati tra i paesi avanzati (la media dell’Eurozona è al 42%). Oggi che l’inflazione è a doppia cifra e la bolletta energetica è altissima, sarebbe la via migliore per mettere subito nelle tasche dei lavoratori molto più reddito disponibile di quanto non avvenga con la logica dei micro-tagli e dei micro-sussidi su bollette, carburante e affitti.

Le risorse per un taglio deciso al cuneo contributivo e per una seria riforma dell’occupabilità ci sono.

Per trovarle siamo convinti che basterebbe rimodulare qualche punto percentuale di allocazione degli oltre mille miliardi di spesa pubblica superati in questo 2022, senza creare deficit aggiuntivo”, ha detto il Presidente.

“La proposta di Confindustria è nota: un taglio dei contributi di 16 miliardi sui lavoratori dipendenti con redditi fino a 35 mila euro, due terzi a beneficio dei lavoratori e un terzo dei datori di lavoro. In questo modo, il lavoratore che guadagna 35 mila euro avrebbe un beneficio di 1.223 euro e il cuneo scenderebbe al 42,5%, avvicinandosi a quello medio dell’eurozona (42,0%). In questa prospettiva, dalla Manovra ci attendiamo quantomeno un intervento sul costo del lavoro in termini di taglio delle contribuzioni per la CUAF (la Cassa Unica Assegni Familiari), che gravano sui datori di lavoro per circa 2 miliardi di euro all’anno. Tale contribuzione, infatti, ha perso ogni ragion d’essere dal momento che, ad oggi, l’Assegno unico e universale per i figli a carico è una prestazione che va a beneficio della generalità delle famiglie e, dunque, è interamente finanziata tramite la fiscalità generale” ha spiegato Carlo Bonomi.

“Avanziamo perplessità poiché nella legge di bilancio non si prevede un congruo rifinanziamento per la legge Sabatini, nessuna proroga del credito d’imposta per la formazione 4.0, nessuna modifica del dimezzamento nel 2023 del credito d’imposta sugli investimenti in beni strumentali 4.0, nessun fondo per il Made in Italy, nessun rafforzamento per gli IPCEI, i grandi progetti di ricerca europei per l’autonomia tecnologica di grandi filiere industriali.

E nella versione giunta alle Camere non c’è la proroga del credito d’imposta per gli investimenti al Sud. Non possiamo nascondere di essere preoccupati dalla mancata proroga del credito d’imposta Mezzogiorno sui beni strumentali e del credito d’imposta ZES, che insieme alla decontribuzione Sud hanno sostenuto la tenuta produttiva del Mezzogiorno”, ha sottolineato il Presidente Bonomi.

“Più che corretta, invece, la decisione di rimandare di un altro anno l’entrata in vigore delle due imposte sul consumo, sulla plastica e sulle bevande edulcorate c.d. plastic tax e sugar taxCome abbiamo potuto constatare sin dalla loro introduzione, si tratta di due imposte che graverebbero in modo ingiustificato su diverse filiere industriali senza apportare concreti vantaggi né ambientali, né di gettito. Il nostro auspicio è, quindi, che la proroga sia un ulteriore passo verso la definitiva abrogazione”, ha commentato Bonomi.

“Riteniamo positivo anche l’incremento delle risorse per il Servizio Sanitario Nazionale. Ma continuiamo a segnalare a Governo e Parlamento che, sulla sanità, si continua a non tenere conto degli extra costi energetici che subisce l’intera filiera della salute privata italiana che opera per conto del SSN stesso. E non possiamo poi non evidenziare che il meccanismo dei payback su farmaci e device rappresenta un’anomalia che andrebbe superata. Le risorse mancate per gli investimenti delle imprese si devono anche al fatto che una parte di quelle a disposizione, al netto degli interventi sull’energia, vengono impiegate per obiettivi a nostro avviso non prioritari in questa fase di emergenza e, comunque, discutibili nel merito. Il riferimento è alle misure sulle cc.dd. flat tax e a quelle in tema di prepensionamenti. Queste misure rappresentano l’ennesima “digressione” da quello che dovrebbe essere un percorso organico di riforma fiscale. Peraltro, la Manovra finisce per accentuare la discriminazione, in termini di trattamento impositivo, tra le diverse categorie reddituali”, ha fatto notare il Presidente.

“Quanto agli interventi sulle pensioni, si tratta di scelte che allontanano di nuovo dall’obiettivo di mettere in sicurezza la spesa previdenziale italiana, senza arrecare alcuna utilità – come già attestato dai numeri – in termini di ricambio generazionale e accesso dei giovani al mercato del lavoro. Esprimiamo alcune perplessità anche in merito all’approccio della manovra su un tema assolutamente centrale per la bassa crescita strutturale italiana, quello dell’occupabilità. La povertà non si batte con i sussidi, si sconfigge con la lavoro. Una strategia di svolta per l’occupabilità ha bisogno di interventi complessivi che riguardino fisco, contributi, scuola e intero sistema della formazione professionale del nostro paese: perché tutti è quattro insieme sono i pilastri di vere ed efficaci politiche attive del lavoro, centrate sulla formazione permanente come diritto del lavoratore, sul placement e replacement al lavoro lungo l’intero corso della vita professionale. Tutti servizi da offrire secondo metriche che affidino le risorse a chi ottiene risultati migliori e verificabili, non ai Centri Pubblici per l’Impiego ma estendendo a livello paritario le gare per le risorse alle molto più efficaci Agenzie Private del Lavoro. Ma di tutto questo non vediamo ancora nulla”, ha affermato Carlo Bonomi.

Il Presidente ha anche richiamato l’attenzione sull’esigenza di una rigorosa attuazione del PNRR, essenziale per avere la credibilità necessaria sia a ottenere le indispensabili rimodulazioni del Piano imposte dall’emergenza bellica, sia a “giocare” in modo efficace la partita cruciale della riforma della governance economica europea.

“Sul PNRR – ha detto – evidenziamo che il tempo stringe rispetto a obiettivi e traguardi di fine anno: tra questi, l’attuazione della legge sulla concorrenza, tassello basilare, e peraltro non rinviabile, per modernizzare il Paese, nonché la prosecuzione dell’azione di semplificazione di norme e procedimenti amministrativi necessaria per velocizzare gli investimenti. Non vorremmo che per effetto dello spacchettamento di deleghe all’atto della formazione del governo subentrino problemi per la Cabina di regia del PNRR, che deve essere pronta a interventi di sussidiarietà dall’alto in caso di ritardi conclamati nell’attuazione di milestone e target del piano, dei bandi e delle gare da parte delle Autonomie”.

Infine il Presidente, ha espresso l’auspicio che, all’indomani dell’appuntamento elettorale e superata l’attuale sessione di bilancio, le nostre Istituzioni si focalizzino sulle reali prospettive del Paese. Si tratta di definire una strategia e un’agenda per i prossimi anni, che mettano al centro il futuro dell’Europa, le transizioni, la competitività della nostra industria e il ruolo che l’Italia intende svolgere su ciascuno di questi capitoli.

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