Ci sono il braccio destro del capo provinciale di Cosa nostra, la moglie di un pentito, affiliati mafiosi che hanno finito di scontare la condanna e pregiudicati ai domiciliari condannati con l’accusa di essere trafficanti di droga del clan. Il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, e il pubblico ministero, Gloria Andreoli, hanno fatto notificare l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, atto che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio, per 19 presunti “furbetti del Reddito di cittadinanza“. Ad alcuni di loro si contesta di avere ottenuto l’erogazione del beneficio nonostante avessero riportato delle condanne per associazione mafiosa, che sono ostative per legge.
Ad altri, coniugi o parenti di mafiosi, di avere omesso di dichiarare l’esistenza della condanna per incassare un contributo superiore. Molti di loro sono accusati di avere omesso di dichiarare l’esistenza a loro carico di condanne definitive per associazione mafiosa che avrebbero impedito la concessione del Reddito di cittadinanza, usufruendo invece dell’erogazione di svariate migliaia di euro. Uno di loro peraltro, ha scontato 13 anni di reclusione per l’accusa di essere stato il braccio destro del capo provinciale di Cosa Nostra. Gli altri sono coniugi o familiari di mafiosi o persone finite in carcere. Fra loro la moglie di un pentito che avrebbe dovuto comunicare la circostanza che il marito si trovava in carcere. L’omissione, come in tutti gli altri casi analoghi, comporto’ l’erogazione del contributo in misura maggiore.