Scuola, solo Moratti ministro attaccò i dogmi del sistema. Si torni al suo modello coordinato da Bertagna

10 Dicembre 2022
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di Sergio Bianchini – Nel giugno 2001 Letizia Moratti fu nominata ministro dell’istruzione nell’ambito del governo Berlusconi due e rimase in carica fino a maggio 2006 col governo Berlusconi.

Con mia grande sorpresa e piacere iniziò una lotta titanica contro i dogmi assolutamente dominanti nella scuola, il tempopienismo e il mito dello studio liceale ed universitario.

Questi due miti sono la convergenza di due visioni errate sia della scuola che della società. Da un lato un disprezzo del lavoro produttivo tipico delle vecchie aristocrazie e dall’altro un estremismo egualitaristico che vorrebbe eliminare le differenze sociali staccando i giovani dalle loro famiglie ed inserendoli in interminabili percorsi di studio uguali per tutti almeno fino ai 18 anni.

Queste due visioni non avrebbero però conquistato il totale predominio se non si fossero sposate con la sete di posti statali espressa dal sud per il quale qualunque ingrandimento dell’obbligo scolastico e del tempo scuola significa aumento dei posti garantiti. La scuola assorbe col suo milione di dipendenti circa un terzo dei posti statali e col meccanismo dei concorsi nazionali quasi tutti sono occupati da personale meridionale.

Ebbene la Moratti attaccò frontalmente i dogmi seguendo le linee progettate da un “Gruppo ristretto di lavoro” coordinato da Giuseppe Bertagna, pedagogista dell’Università di Bergamo. Stabilì un tempo scuola per gli alunni unico, uguale per tutti e molto ridotto rispetto al tempo pieno. Nella scuola media ad esempio portò le ore a 27 settimanali contro le 30 precedenti introducendo (purtroppo per me) la seconda lingua straniera. Senza questa le ore sarebbero state 25 pari cioè a quelle del 1962 e fondate sull’antico modo di valutare il tempo scuola individuato cioè come pari alla metà del tempo di lavoro in uso nella società.

Valorizzò l’importanza degli studi tecnico professionali prevedendo un percorso di 4 anni con anche qualifiche intermedie e momenti di rapporto scuola aziende come avviene in Germania sotto il nome di scuola lavoro.

Il furore dei tempopienisti e utopisti egualitari e quindi del sindacato e del meridionalismo fu enorme.

Sempre con mia grande sorpresa Moratti non mollava anche se le leggi applicative avanzavano a rilento. Nel 2006 finì la legislatura e nei due anni successivi vinse la sinistra che col ministro Fioroni bloccò e abolì tutti i cambiamenti introdotti dalla Moratti. Due anni dopo nel 2008 ancora una volta vinse il centrodestra che però non ripropose la Moratti per la scuola bensì la Gelmini che si guardò bene dal riprendere la faticosa e battagliera via della Moratti.

Ovunque fu ripristinato il tempo lungo, che comunque esisteva ancora nella legge Moratti. Solo che era una scelta individuale per chi volesse insegnamenti aggiuntivi pomeridiani in aggiunta al curricolo di base del mattino. Col criterio Moratti (e mio) non si facevano più però classi intere a tempo pieno perché le classi venivano formate col solo criterio della mescolanza dei livelli cognitivi e motivazionali degli alunni.

La Gelmini non solo ripristinò il vecchio tempo pieno ma anzi proibì le classi a tempo misto creando l’impossibilità di formare classi equilibrate secondo criteri didattici.

L’onda crescente del tempopienismo fu comunque interrotta e oggi non è più di gran moda (o obbligo) anche se al vertice ha ancora un certo seguito, vedi Passera, e Calenda. Non mi sorprende Di Maio, anche lui tempopienista, perché il meridionalismo ama il tempo pieno per il solito motivo della maggiorazione dei posti sebbene le famiglie in realtà lo chiedano poco perché al sud, beati loro, ci tengono ancora molto a gestire figli e nipoti in proprio.

Rimpiango molto la visione di Bertagna che ho raccontato ampiamente ai tempi della mia trasmissione su Radio Padania Libera dove ho anche letto parte dei suoi libri dove si racconta il ruolo della formazione professionale e del lavoro imprenditoriale e non si esalta affatto il mito dell’università.

Nessuno nomina più i benemeriti 5 anni della Moratti e del consigliere nordista e difensore del lavoro creativo del nord Bertagna. La Lega, con i nascenti new men, non capì nulla della questione ed anzi i giovani padani ai tempi avevano il mito del liceo. Ma senza il mito antico del lavoro creativo il nord non esisterebbe. Sposando altri miti si è perduto.

Speriamo in bene.

IL GIORNALE

Direttrice: Stefania Piazzo
La Nuova Padania, quotidiano online del Nord.
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